“Ad oggi nessuna delle misure previste dal governo per risollevare le imprese dell’indotto ex Ilva che ogni giorno portano avanti le manutenzioni e i trasporti all’interno della fabbrica è risultata attuabile.
Mancano due fattori principali: il consenso da parte delle banche e la certificazione dei crediti”. E’ quanto denuncia Fabio Greco, presidente di Aigi, associazione a cui aderisce l’80% delle imprese che lavorano con lo stabilimento siderurgico di TARANTO.
“L’articolo 1 del dl 9/24 – spiega Greco – prevede la concessione di un tasso agevolato per tutte le aziende che hanno fatturato negli ultimi 5 anni almeno il 35% con Acciaierie d’Italia (Adi). Ma, nonostante la garanzia offerta da Medio credito centrale sia valida ed efficace, le banche non finanziano le aziende dell’indotto. Urge dunque un nuovo tavolo di confronto con Abi, Ifis, Sace e ministero delle imprese per sbloccare l’impasse”.
Il presidente di Aigi fa presente che “l’articolo 3 dello stesso dl offre, invece, misure finalizzate a recuperare il pregresso. Le aziende di Aigi vantano circa 140 milioni tra crediti diretti e/o ceduti a Banca Ifis. Sace ha stanziato 120 milioni per il pregresso ma senza la certificazione del credito, la linea factoring della finanziaria controllata dal Mimit non procede alla sua cessione in pro soluto.
Nessuna società – puntualizza – avrebbe intenzione di iscriversi al passivo” perchè “il rischio è la perdita dei soldi come già avvenuto nel 2015”.
Aigi, intanto, ha chiesto al ministro del Lavoro Calderone “di essere ricompresa tra le associazioni datoriali firmatarie dell’accordo quadro sulla cassa integrazione per offrire – conclude Greco – sostegno economico ai lavoratori”.