ASSOLTA PERCHE’ IL FATTO NON COSTITUISCE REATO
Nella giornata odierna, il Tribunale penale di Roma, nella persona del giudice dott. Alfonso Sabella, ha pronunciato nei miei confronti una sentenza di ASSOLUZIONE dall’accusa di diffamazione nei confronti della Senatrice Ilaria Cucchi, perché il FATTO NON COSTITUISCE REATO.
Due anni fa, allo stesso modo, il Tribunale di Taranto ha respinto l’opposizione all’archiviazione della querela presentata dal suo consulente di parte civile Vittorio Fineschi.
Il procedimento penale nasce dalla querela presentata dalla Cucchi per un mio articolo apparso il 28 ottobre 2018 sul quotidiano Il Tempo, allora diretto da Gianmarco Chiocci, oggi direttore del Tg1.
In quell’articolo, riportando fedelmente stralci di atti processuali, facevo una disamina del caso, criticandone la sovraesposizione mediatica e invocando la presunzione di non colpevolezza, in quanto all’epoca dei fatti la Suprema Corte non si era ancora espressa sul destino dei Carabinieri coinvolti, né io avevo la sfera di cristallo per poterlo prevedere.
Dopo qualche anno di processo, pagato a mie spese, con la brillante e tenace difesa del mio avvocato, prof. Antonello Madeo, oggi, incredibilmente, si mette un punto a questa storia.
Il Pm ha chiesto la mia condanna, ma il giudice ha riconosciuto le prerogative costituzionalmente garantite ai giornalisti: diritto di cronaca e diritto di critica. Non c’è diffamazione, almeno così emerge dal dispositivo, le motivazioni saranno note tra 90 giorni.
Approfitto di questo spazio per ribadire un concetto espresso più volte: non ho mai inteso offendere la memoria di Stefano Cucchi o speculare e offendere il dolore della sua famiglia, relativamente alla sua scomparsa. Da questo punto di vista ho sempre espresso e continuo ad esprimere la mia umana comprensione nei confronti di Ilaria Cucchi e della sua famiglia. Così come ho sempre preso le distanze e continuerò a farlo, dai commenti offensivi di altri utenti apparsi sotto ai miei post.
Io ho solo criticato un sistema che a mio avviso non andava bene, ossia quello della sovraesposizione mediatica senza diritto di replica dalla controparte. Avere un’opinione divergente, grazie a Dio – e il giudice oggi lo ha sancito – non è un reato.
Avrei voluto dirlo personalmente in aula guardandola negli occhi, ma la gravidanza a rischio e la nascita della mia bambina non me lo hanno permesso. Quindi lo scrivo qui, fiduciosa che la signora Cucchi lo legga.
Si chiude una parentesi dolorosa: prendo atto benevolmente del fatto che sia stato stabilito il giusto equilibrio in questa vicenda, ma c’è tanta amarezza. Per anni non ho potuto partecipare ai concorsi per via del carico pendente, per non parlare poi delle spese legali che ho dovuto affrontare.
Un’esperienza che mi ha fatto capire seriamente chi c’è davvero e chi non c’è. Dei tanti che si riempiono la bocca di libertà d’espressione e tutele per i giornalisti dalle querele bavaglio e che poi altro non sono che i Ponzio Pilato della situazione.
Grazie dunque a chi c’è stato: a Fabio Conestà, che mi ha affiancato il suo studio legale, quello dell’avvocato Madeo, a quei carabinieri (intendo la truppa eh) e poliziotti che non mi hanno fatto mancare il loro supporto e la loro vicinanza.
Grazie anche a chi mi ha tirato in mezzo a questa situazione servendosi della mia memoria storica di questo processo per sistemare i fatti propri.
Mi ero ripromessa, alla fine di questa storia, di presentare domanda per l’accesso alla riserva selezionata dell’Arma dei Carabinieri… Per una volta nella mia vita, disattenderò le promesse fatte.