È da giorno 23 ottobre che i lavoratori della Tessitura di Mottola del Gruppo Albini sono davanti ai cancelli della fabbrica. Tanta è l’incertezza del loro futuro ma fanno di tutto per difendere la loro dignità lavorativa.
Il presidio permanente è stato ritenuto necessario per evitare che l’acquirente dell’opificio, Ekasa che subentrerà a fine anno all’ormai ex proprietario Albini, metta fuori dai nuovi piani industriali 92 tra lavoratori e lavoratrici.
A fine 2023 gli operai rischiano di andare in disoccupazione (naspi) ed essere tagliati fuori da ogni prospettiva occupazionale. Famiglie, queste, che vivono con la spada di Damocle sulla testa da quasi un triennio e che adesso chiedono chiarezza per il loro futuro.
“Siamo stufi delle promesse – dicono i lavoratori della Tessitura di Mottola – puntualmente disattese. Sono tre anni che le nostre famiglie vivono nell’incertezza lavorativa. Adesso sappiamo che Ekasa subentrerà ad Albini. Si parla di un preliminare di vendita dell’opificio, ma di noi operai in questo documento non c’è traccia. Abbiamo deciso di bloccare i cancelli perché i macchinari sono stati veduti e pronti per essere spediti. Di qua non uscirà nemmeno un chiodo finché non ci diranno che fine faremo prima del 22 dicembre, tempo ultimo della nostra cassa integrazione e inizio della naspi. Siamo qui da 20 anni e non ci possono rottamare in questo modo. La maggior parte di noi sono vecchi per il mercato del lavoro ma troppo giovani per andare in pensione. Abbiamo mutui da onorare, figli da mantenere. Il natale è alle porte e come regalo avremo la naspi: l’anticipo del nostro funerale”.
“Il nostro obiettivo adesso – afferma Amedeo Guerriero segretario provinciale della UIL TEC di Taranto – è evitare la naspi. Il 14 novembre siamo riusciti, facendo squadra con la CGIL e la CISL, ad avere un incontro in Regione Puglia con Albini ed Ekasa perché vogliamo la certezza che nel preliminare di vendita ci siano anche i lavoratori che non possono essere lasciati al loro destino. La naspi ha una durata di 2 anni e per riorganizzare il nuovo opificio ce ne vorranno altrettanti. Se mandiamo in disoccupazione questi 92 lavoratori sarà per loro la fine. Proporremo l’assunzione in capo a Ekasa di tutta la forza lavoro in modo da poter attivare da subito la nuova cassa integrazione”.
“Su questa vertenza la UIL non ha mai perso le speranze – sono le parole del coordinatore della UIL TARANTO Pietro Pallini– e vogliamo capire fino in fondo quanto è vero l’intento di voler realmente reindustrializzare. Vorrei ricordare che prima di Ekasa c’è stato l’interesse di Motion, gruppo che è scappato a gambe levate facendo ripiombare i lavoratori nella disperazione. Voglio che sia chiaro che a nessuno è concesso staccare ulteriori assegni in bianco quando in ballo c’è la pelle dei lavoratori e delle loro famiglie. Dobbiamo pretendere certezza, ovvero sicurezza, sul futuro del sito produttivo con dentro tutti i 92 lavoratori. Questi erano e restano, per quanto ci riguarda, i patti iniziali attraverso i quali con Albini nella sede istituzionale si convenne di proseguire l’attività di scouting da parte di Vertus. Gradiremmo che le istituzioni e la politica, che si sono dichiarate dalla parte dei lavoratori, continuassero ad esserlo nella concretezza da adesso fino alla fine di questa sconvolgente vertenza. Siamo alle battute finali di questa triste vicenda che vorremmo rappresentasse un lieto fine e non il de profundis per le famiglie e di un altro pezzo di industria locale”.