Ha utilizzato la metafora più bella, quella dell’albero e delle sue radici, per spiegare l’attaccamento alla propria terra e, allo stesso tempo, lo spirito di obbedienza nel servire la Chiesa.
Don Mimmo Alò, 33 anni, sacerdote montemesolino, si è paragonato a un albero: un albero con le radici nella sua Montemesola, ma con rami e foglie sparsi in tutto il mondo. Oggi, i rami e le sue foglie si trovano in Rwanda, dove Don Mimmo trascorrerà il suo “anno missionario”, introdotto da Papa Francesco nel 2020 per i futuri diplomatici, durante il quale svolgerà anche un breve tirocinio in Nunziatura, ossia l’equivalente di un’Ambasciata.
Don Mimmo Alò, infatti, ha seguito un lungo percorso di studi per entrare a far parte della diplomazia ecclesiastica, iniziato nell’ottobre 2020 e terminato lo scorso giugno.
Ha dunque studiato a Roma, dove ha avuto come domicilio la Pontificia Accademia Ecclesiastica, situata in Piazza della Minerva, che è il luogo in cui si formano i sacerdoti che presteranno servizio nel corpo diplomatico della Santa Sede. Lì Don Mimmo ha frequentato alcuni corsi di diritto internazionale e di diplomazia. Nello stesso tempo hafrequentato la Pontificia Università della Santa Croce, dove ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico, titolo di studio richiesto per questo tipo di servizio.
Il percorso di Don Mimmo, però, inizia molto prima. Dopo la formazione presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta, il 28 dicembre 2015 è stato ordinato sacerdote nella Concattedrale di Taranto. Nello stesso anno (ottobre 2015) l’Arcivescovo Mons. Filippo Santoro ha inviato Don Mimmo a Roma per gli studi di specializzazione: ha così conseguito i gradi accademici della Licenza (2017) e del Dottorato (24 giugno 2020) in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana; a Roma è statoospitato dal Pontificio Seminario Lombardo dei Santi Ambrogio e Carlo. Nel 2018 l’Arcivescovo lo ha nominato Direttore dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare e collaboratore presso la Parrocchia dell’Addolorata in Taranto
Nel febbraio 2020, 4 mesi prima di conseguire il dottorato in Teologia Morale, l’Arcivescovo lo ha convocato e gli ha comunicato che dalla Segreteria di Stato avevano bisogno di un sacerdote per il servizio diplomatico della Santa Sede.
«Dopo un periodo di riflessione, ho accettato la richiesta dell’Arcivescovo in spirito di obbedienza e ho intrapreso un nuovo percorso di formazione» ha raccontato Don Mimmo a Tarantini Time.
Come ci ha spiegato Don Mimmo, quella della Santa Sede è la diplomazia più antica del mondo. Essa segue tutte le regole del diritto diplomatico, ma ha un compito peculiare, perché il compito dei legati pontifici è di rappresentare il Santo Padre sia davanti ai governi dei vari Paesi del mondo,sia davanti alle Chiese locali: la relazione con i governi è finalizzata a promuovere la libertà religiosa e lo sviluppo integrale della persona umana (di ogni persona, al di là del credo religioso); la relazione con le Chiese locali è finalizzata a sostenere i vescovi e i fedeli cattolici del luogo, a far conoscere a Roma la situazione delle Chiese locali (quanti cattolici ci sono, come vivono, ecc…) e ad avviare il processo di selezione di quei sacerdoti che in futuro saranno scelti dal Papa come Vescovi. Ogni Rappresentanza Pontificia o Nunziatura si compone di un Nunzio Apostolico (il Capo Missione) e dei collaboratori di ruolo diplomatico, ossia dei sacerdoti che lo affiancano. Quest’ultimo compito di collaborazione è proprio il ruolo che Don Mimmo ricoprirà in futuro.
«Prima che l’Arcivescovo Santoro mi destinasse a questo incarico io non avevo idea di cosa fosse l’Accademia Ecclesiastica, la diplomazia pontificia, i Nunzi, ecc… Ho vissuto questi ultimi anni di formazione anche come un tempo di discernimento per capire se questa realtà poteva essere compatibile con l’idea che io avevo del sacerdozio – ci racconta Don Mimmo – Di solito, infatti, quando si pensa al sacerdote si ha subito in mente il parroco o il viceparroco della propria parrocchia. La mia aspettativa era di fare questo dopo gli studi. E invece ho capito che si può vivere il sacerdozio anche in altri ambiti e modalità: ci sono i parroci, ci sono i formatori nei seminari, ci sono i confessori e i direttori spirituali e ci sono infine anche i sacerdoti che hanno il compito peculiare di rappresentare il Papa nel Paese dove sono stati inviati. Per usare un’immagine: se il parroco è un sacerdote che lavora in “trincea”; il diplomatico della Santa Sede è un sacerdote che lavora “dietro le quinte”. Compiti e funzioni diverse, ma con uno stesso scopo: servire l’unica Chiesa».
Un percorso, come sottolinea Don Mimmo, durante il quale bisogna essere coscienti di essere sempre “con la valigia in mano”, lontani dalla propria terra.
«Negli ultimi tre anni mi sono chiesto se sarei stato capace per affrontare la sfida della lontananza, poiché sono tanto legato alla mia Puglia, alla mia Taranto, alla mia Montemesola, alla mia famiglia. Il futuro dirà tutto, però al momento sono molto sereno sia perché i mezzi di comunicazione che oggi abbiamo a disposizione accorcianole distanze sia perché stare lontani non significa tagliare i ponti con la propria terra. Per quanto riguarda l’anno missionario – prosegue – la Segreteria di Stato mi ha destinato al Rwanda. La meta non l’ho scelta io. Per l’anno missionario si chiede ai Nunzi Apostolici e ai Vescovi localidi verificare se si può offrire ospitalità nel Paese. Non sempre questo è possibile, perché nelle zone di guerra al di fuori della Nunziatura non ci sono altri luoghi protetti. Nel caso del Rwanda non è così, perché, sebbene ci sia stato un genocidio nella prima metà degli anni 90, oggi è un Paese molto tranquillo. C’è un forte desiderio di riscatto, c’è molta attenzione alla questione ecologica, c’è una crescente modernizzazione».
Nonostante ciò, il Paese è comunque molto povero, con persone che vivono con soli 50 dollari al mese; tanti laureati in medicina, chimica e altre discipline scientifiche purtroppo devono accontentarsi di un impiego modesto, perché non ci sono possibilità di lavoro.
«Il lato positivo della medaglia – dice Don Mimmo – è che la gente non vive di tante preoccupazioni inutili che abbiamo noi europei, è molto accogliente e sa essere felice anche con poco».
In questi primi giorni, Don Mimmo si trova nella Nunziatura Apostolica della capitale Kigali; tra una settimana si trasferirà nella parrocchia di Saint Michel – sempre a Kigali – dove sarà principalmente a servizio dei fedeli di lingua inglese. Rientrerà in Nunziatura ai primi di giugno e il 24 giugno dovrà nuovamente essere in Italia, perché verso la fine del mese riceverà dalla Segreteria di Stato il primo incarico per il servizio diplomatico.
Noi di Tarantini Time siamo felici per il percorso intrapreso da Don Mimmo Alò, con il quale abbiamo avuto piacere di collaborare: una persona umile, sempre a disposizione del prossimo, attento e sensibile. Gli auguriamo ogni bene e, in vista dei festeggiamenti in onore del Principe Celeste che si celebreranno a Montemesola tra due giorni e considerato che, tra una settimana prenderà servizio nella parrocchia a lui dedicata lì in Rwanda, non possiamo che affidarlo al nostro amato Arcangelo e chiedergli che lo benedica sempre. Tanti auguri Don Mimmo!