Nella giornata di lunedì 13 febbraio, il personale della Capitaneria di porto – Guardia Costiera, a seguito di una complessa attività di indagine, condotta sotto il coordinamento della Procura di Taranto, ha posto sotto sequestro, in esecuzione di relativo decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Taranto, due dei più importanti siti in uso ad altrettante società esercitanti, nella provincia Jonica, attività di estrazione materiali da cava ed attività di recupero rifiuti, per una superficie complessiva sequestrata di circa 22.000 metri quadrati di estensione.
Nell’ambito della stessa operazione, i militari hanno altresì posto sotto sequestro apposito automezzo utilizzato da una ditta di Taranto, che benché sospesa dall’Albo nazionale dei gestori ambientali, continuava a smaltire illecitamente presso i siti posti sotto sequestro tonnellate di rifiuti inerti e pericolosi (materiale bituminoso, mattoni, cemento e anche eternit) derivanti da lavorazioni edili che oltre ad essere in assenza della necessaria e prescritta documentazione che ne consentisse la relativa, corretta gestione o tracciabilità.
Nel corso delle complesse e articolate indagini, veniva accertato che sovente, gli ingenti quantitativi di materiale edile venivano anche abbandonati sul suolo e nelle campagne della provincia, generando una potenziale contaminazione dei suoli, atteso che i rifiuti rimanevano esposti a qualsiasi fenomeno atmosferico.
Le attività investigative, protrattesi per settimane da parte del nucleo di polizia giudiziaria della Guardia Costiera di Taranto attraverso l’utilizzo di investigazioni di natura tecnica e documentale, hanno consentito, inoltre, di identificare un’ulteriore impresa edile che, avvalendosi della collaborazione della predetta ditta di trasporto, smaltiva illecitamente i rifiuti prodotti in diversi cantieri aperti.
Cinque, nel complesso, i soggetti indagati per diversi reati di natura ambientale legati alla gestione illecita dei rifiuti, pericolosi e non che, in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, effettuavano, su larga scala e in maniera sistematica, una gestione illecita di rifiuti pericolosi e non (materiale bituminoso, mattoni, cemento e anche eternit) mediante lo smaltimento di grandi quantità di rifiuti edilizi, quantificabili in numerose tonnellate, che venivano recapitati dai siti di produzione ai siti di conferimento gestiti dalle ditte titolare delle due cave in assenza di qualsivoglia documentazione attestante la tracciabilità del rifiuto, andando così a realizzare una vera e propria filiera ecocriminale.