Per lo Stato un accordo a perdere quello siglato anni fa con Arcelor Mittal, il socio privato invece col suo amministratore delegato ha guadagnato centinaia di milioni di euro con un risultato a dir poco disastroso per il tessuto economico e la comunità: aziende affamate e sull’orlo del fallimento, che vantano importanti pagamenti arretrati, una fabbrica praticamente ferma e non adeguatamente manutenuta, quindi insicura, e moltissimi lavoratori in preda alla disperazione, alle prese con la cassa integrazione e l’incertezza del futuro. Ora, in vista dell’assemblea dei soci che si terrà martedì 6 dicembre, non bisogna far altro che voltare pagina con forza, cancellare i peggiori quattro anni della storia di quella fabbrica e far sì che subentri lo Stato a gestire in maniera responsabile lo stabilimento, modificando in maniera sostanziale gli assetti societari di Acciaierie d’Italia. Usb continua a ribadire che lo stabilimento va nazionalizzato o almeno va incrementata la quota societaria pubblica in modo da mettere lo Stato nelle condizioni di operare scelte determinanti per il futuro della fabbrica, e quindi delle imprese che vi lavorano, nonché di tutta la forza lavoro impiegata, direttamente ed indirettamente.
Ciò che è accaduto finora non ha fatto altro che dimostrare quanto inopportuna sia stata la gestione a prevalenza privata, una gestione che ha saputo solo dissipare le importanti risorse pubbliche messe a disposizione.
Il caso Sanac è emblematico: azienda italiana che, non solo attende ancora il pagamento di fatture arretrate, come tantissime altre realtà imprenditoriali anche locali, sottoposte ad uno stress test non indifferente, ma viene anche messa da parte nel momento in cui Acciaierie d’Italia preferisce ordinare i refrattari in giro per il mondo, spendendo soldi pubblici e costringendo Sanac a mettere i lavoratori in cassa integrazione.