Crispiano rischia di trasformarsi da “terra delle Cento masserie” a “terra dei briganti”; l’insolito entusiasmo dell’attuale amministrazione comunale per il fenomeno del brigantaggio meridionale post-unitario Crispiano, la “terra delle Cento masserie”, potrebbe trasformarsi nella “terra dei briganti”. Un rischio tanto assurdo quanto concreto, vista la piega presa dall’attuale amministrazione comunale.La storia della nostra città e delle nostre campagne è humus utile e preziosissimo per il rilancio del turismo. “Le nostre radici, ciò che ha profondamente caratterizzato il nostro tessuto sociale, è importantissimo anche per il marketing territoriale” afferma il sindaco di Crispiano Luca Lopomo, durante il Convegno sul brigantaggio tenutosi lo scorso 26 agosto all’interno del Festival delle 100 masserie.Fin qui sono d’accordo con il sindaco pentastellato. L’importante, però, è dare a ciascun pezzo della nostra storia una lettura non oso dire corretta ma quanto più possibile imparziale e veritiera.Come molti sapranno, sui piloni del ponte di Crispiano intitolato a Giovanni Falcone, nei pressi della via dedicata all’unità d’Italia, sono stati raffigurati il brigante Cosimo Mazzeo, detto “Pizzichicchio” e la sua compagna Michelina De Cesare. Detta opera è stata eseguita all’interno del progetto “Crispiano: un viaggio tra storia e Street Art”, regolarmente approvato dalla Regione Puglia; peccato però che, all’interno della relazione tecnico-descrittiva presentata alla Regione, alla voce “i temi del progetto”, fosse espressamente scritto che “il tema del progetto è il paesaggio di Crispiano e in particolare gli habitat rupestri di Parco del Vallone”. Un tema completamente cambiato in sede di attuazione, con tanto di sondaggio telematico tra la cittadinanza, che ha potuto votare il soggetto da raffigurare, scegliendo esclusivamente tra tre protagonisti del brigantaggio, di cui non sono state, però, esplicitate vita e gesta in detta occasione. Una decisione, quella lasciata ai cittadini di Crispiano, esclusivamente dettata dalla “forma”, insomma, perché alla sostanza ci aveva già pensato l’amministrazione comunale.La presenza dell’immagine di un brigante, figura che rappresenta per antonomasia l’illegalità, sui piloni di un ponte intitolato alla memoria di uno dei rappresentanti più strenui della legalità, potrebbe sembrare così “fuori luogo” da rasentare la comicità; eppure, da ridere c’è ben poco se si pensa che molti cittadini hanno lamentato la scelta “infelice”.Alla mia successiva interrogazione sull’argomento, l’assessore comunale alla Cultura, Aurora Bagnalasta, ha risposto così, citando testualmente il libro “Crispiano, uno sguardo al passato per capire il presente e orientare il futuro”, di Pietro Speziale: “…Il brigantaggio meridionale post-unitario non colpì mai la povera gente, solo i ricchi e i potenti. E lottò aspramente contro lo Stato e le guardie nazionali che lo rappresentavano”. In più aggiunge (questa volta di suo pugno) la Bagnalasta “Il brigantaggio post-unitario ha visto a Crispiano sommosse di contadini che rivendicavano i propri diritti contro lo strapotere dei cosiddetti galantuomini del ceto agrario-professionale, soprattutto perché all’epoca vennero istituite nuove tasse, come quella tanto odiata sul macinato che colpiva le fasce deboli della popolazione…generando un malcontento che sfociò nel brigantaggio quale fenomeno distaccato dal mero atto criminale, perché inquadrato in una forma di ribellione contro gli usurpatori”. Insomma, per il nostro assessore alla Cultura, il fenomeno del brigantaggio a Crispiano sarebbe una pura difesa dei diritti dei contadini, vessati dal ceto agrario-professionale, e ben distinto dagli atti criminali con cui il movimento è connesso, come riconosciuto a livello internazionale, anche nella sua versione meridionale e post-unitaria.Che dire, una ricostruzione a dir poco selettiva della storia del brigantaggio a Crispiano, che salta a piè pari opere quali “Origini e vicende del Comune di Crispiano e della sua chiesa” di Pasquale Mancini, che elenca omicidi e stupri avvenuti ad opera dei briganti nel nostro territorio. A tal proposito scrive Tommaso Chiarelli, custode di molti libri dedicati al brigantaggio di Crispiano (tra cui in “1749: Nascita della Crispiano moderna”, di Angelo Carmelo Bello): “Il revisionismo storico è giusto, ma va fatto senza paraocchi. Se tutti i “Briganti di Crispiano” e tutta la tifoseria del brigantaggio locale, si basassero di più sulla storia del brigantaggio locale e leggessero i libri dei nostri concittadini, che ahimè sono passati a miglior vita, sicuramente il loro punto di vista cambierebbe”.Proprio nell’opera di Bello citata sopra si parla senza mezzi termini dei numerosi reati commessi dai briganti che spadroneggiavano nelle nostre campagne: “Sia nelle masserie che nel paese si verificarono episodi di connivenza ma anche grassazioni, abigeato, stupri, furti, rapine, taglieggiamenti e, talvolta, anche omicidi”.Pericoloso e passibile di spiacevoli stravolgimenti, poi, il discorso secondo cui il contesto economico-sociale spieghi e in qualche modo giustifichi il ricorso all’illegalità: basti pensare all’attuale momento storico e a quanto possa essere a dir poco diseducativo edulcorare le gesta di personaggi del genere, col rischio di farne esempi tutto sommato proponibili alle nuove generazioni.La Bagnalasta, inoltre, mi risponde chiedendosi “se le persone che lamentano la raffigurazione del briganti sui piloni del ponte intitolato a Falcone siano le stesse che riempiono le platee degli spettacoli della Pro Loco di Crispiano sui briganti” e se io ritenga che la Pro Loco sia colpevole, con tali spettacoli, di “istigare il pubblico a conoscere la storia del brigantaggio”.A questa non troppo velata provocazione rispondo arrivando al cuore del problema e affermando che la figura del brigante può rappresentare una nota di colore locale, può essere oggetto e soggetto di narrazioni teatrali e di rappresentazioni sceniche di vario genere; ad esempio dell’ottimo e sempre apprezzatissimo lavoro della Pro Loco di Crispiano, che in quanto associazione culturale a vocazione turistica ha il compito di puntare su elementi di folklore locale che possano attirare l’attenzione dei turisti. Tuttavia, essa non deve assurgere a “figura rappresentativa” del paese, addirittura a “elogio della disobbedienza, di cui sente tanto bisogno”, come si può leggere in alcuni commenti presenti su Facebook a seguito del Convegno sul brigantaggio post unitario, all’interno del quale si parla del brigante della Basilicata, Carmine Crocco, in questi termini: “…quando arrivava lui la gente gioiva perché vedeva una possibilità di riscatto dalla propria posizione”. Cito ora Basilide Del Zio nell’opera “Il brigante Crocco e la sua autobiografia”: “Secondo le cronache dell’epoca, gli assedi dell’armata di Crocco furono sanguinari e disumani…Crocco mise a ferro e fuoco interi villaggi, in cui si registrarono episodi di violenza inaudita…Terminata la collaborazione con Borjes, il brigante rionerese ritornò ad azioni di mero banditismo, assalendo viandanti e compiendo depredazioni, ricatti, sequestri e omicidi di personalità gentilizie delle zone, al fine di estorcere migliaia di ducati”. Una visione davvero differente da quella propugnata dalla Bagnalasta sul brigantaggio meridionale post-unitario, in cui criminalità e voglia di riscatto non solo vanno di pari passo ma hanno confini così stretti da non riuscire a distinguere se e quando uno diventi spunto dell’altro. Ben venga, quindi, la conoscenza della storia del brigantaggio meridionale post-unitario tra i cittadini di Crispiano, per imparare a non commettere gli stessi errori del passato e a ribadire che l’illegalità e la violenza non sono mai la giusta via d’uscita dalla crisi e dal sopruso.E non passi nemmeno il messaggio che la nostra storia si identifichi con il solo brigantaggio e che questo fenomeno sia la principale se non l’unica nota di colore locale: la nostra terra ha tante radici, profonde e importantissime, tanti spunti ed elementi storici che meritano di essere studiati e valorizzati. In conclusione, aspetto con grande interesse di sapere quali saranno le attività previste dal sindaco Lopomo per festeggiare l’unità nazionale, il prossimo 17 marzo, e ricordare anche le forze armate che hanno portato a compimento l’unificazione italiana, con ogni probabilità le stesse che hanno combattuto contro i suoi amati briganti.