Con le manovre preliminari cominciate oggi, l’ex Ilva, stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia, si prepara alla fermata dell’altoforno 2, uno dei tre attualmente operativi, e a cascata di una serie di altri impianti. Non è ancora certo se fra questi ultimi ci sarà anche l’acciaieria 1 oppure questa andrà comunque avanti ma con una marcia ridotta. La fermata dell’altoforno 2, prevista sino a fine agosto, non è per crisi di mercato, visto che da mesi c’è una domanda elevata per l’acciaio, ma per una serie di lavori di cui l’impianto necessita. A seguito di queste fermate ci saranno 500 lavoratori in più in cassa integrazione straordinaria, tutti dipendenti diretti di Acciaierie d’Italia. “La situazione purtroppo sta degenerando – dichiara Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl -. Con questi numeri, il siderurgico più grande d’Europa è praticamente fermo, scaricando tutti i costi di questa inefficienza ancora una volta sui lavoratori. E’ ora che Governo ci dica seriamente cosa intende fare. Questa situazione non è più accettabile”.
“Avevamo l’impegno dei due ministri, del Lavoro Orlando sulla partita degli ammortizzatori e del mancato accordo con le organizzazioni sindacali, e dello Sviluppo Economico Giorgetti sulla vertenza, in particolare sul rinvio di due anni dell’ingresso dello Stato a maggioranza tramite Invitalia nella nuova società. Aspettiamo delle risposte nel più breve tempo possibile” aggiunge D’Alò. “Non era mai accaduto – dichiara Francesco Brigati della Fiom Cgil -. Per la prima volta Acciaierie d’Italia sta utilizzando la cassa integrazione col numero massimo. Che nella procedura viene indicato, ma poi è sempre inferiore l’effettivo e reale utilizzo degli ammortizzatori sociali. Adesso, invece, a Taranto avremo un totale di 2.500 persone in cassa straordinaria a cui si aggiungono i circa 250 di Genova e quelli degli altri siti.
Siamo così arrivati al tetto della cassa straordinaria”. “Che per un anno – rileva Brigati – è stata chiesta per un massimo di 3.000 addetti nel gruppo e che il ministero del Lavoro ha concesso a marzo nonostante il mancato accordo con i sindacati e la mediazione fallita dello stesso ministero”. “Senza un tavolo istituzionale che si occupi di ridisegnare il futuro in equilibrio, la sequela di problemi irreversibili sarà del tutto scontata – dichiara il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci -. In principio ci siamo persino sforzati di concedere un corretto credito ai Mittal, ma con le loro scelte hanno scavato un solco incolmabile tra fabbrica e città”. E ci sono difficoltà anche nell’indotto ex Ilva. “Da oggi – afferma Cosimo Amatomaggi della Uilm – l’impresa Lacaita ha messo tutto il personale in cassa integrazione. Su una forza lavoro di circa 70 unità, erano al lavoro 25-30 addetti. Ma poiché Acciaierie d’Italia non ha pagato la Lacaita, cosa purtroppo non nuova e non solo per la Lacaita, l’impresa si ferma e sospende tutto il personale. A ciò si aggiunga che i dipendenti attendono il saldo degli stipendi di aprile e maggio e non sappiamo cosa accadrà per quello di giugno”. “Dallo scorso 10 luglio e sino al 20 siamo in attesa di verificare se avverrà o meno la corresponsione dello stipendio di giugno anche per tutte le altre realtà dell’indotto” conclude Amatomaggi.