Dopo due gradi di giudizio, la famiglia di una signora di 77 anni, deceduta all’Ospedale SS Annunziata di Taranto a causa del presunto comportamento negligente, imprudente ed imperito del personale sanitario, ha ottenuto giustizia e l’integrale risarcimento dei danni patiti.
I familiari della vittima sono stati assistiti da Giesse Risarcimento Danni, primario gruppo in Italia specializzato nel risarcimento dei danni da responsabilità medica, che li ha accompagnati, con il contributo dei suoi legali fiduciari, lungo tutto il complesso iter giudiziario.
Il Tribunale di Taranto ha, dapprima, condannato l’Asl di Taranto a risarcire i danni sofferti dai figli della donna mentre, successivamente, la Corte d’Appello di Lecce, Sezione Distaccata di Taranto, ha riconosciuto il risarcimento anche ai nipoti della vittima.
Il fatto. La signora, nata e residente a Taranto, veniva ricoverata il 9 novembre 2012 per essere sottoposta ad un intervento di resezione del sigma, ovvero l’asportazione di una parte di intestino. A questo seguivano un secondo intervento, nel maggio 2014, ed un terzo il mese successivo, quest’ultimo per svuotare un evidente voluminoso ascesso sottodiaframmatico. Il 17 giugno 2014, a distanza di tre giorni dall’ultimo intervento, la donna è deceduta a causa dello shock settico provocato da un’infezione interna.
Secondo l’equipe di consulenti tecnici (medici legali e medici specialisti) nominati dal Tribunale, la condotta adottata dai sanitari del Presidio Ospedaliero in occasione dei ricoveri di maggio e giugno era da censurare poiché non era congrua alle leges artis, ovvero è stata messa in atto senza quello scrupolo e quella perizia che tale caso richiedeva. Inoltre, nella documentazione sanitaria, mancava la descrizione di una probabile ileostomia eseguita sempre a maggio 2014, mentre i consensi informati raccolti prima dell’esecuzione degli interventi chirurgici sono stati ritenuti censurabili in quanto non compilati o compilati solo in parte, in alcuni casi sottoscritti solo dalla paziente e comunque carenti di informazioni in ordine alle procedure mediche da adottare.
L’iter legale. A febbraio 2020 il giudice di primo grado del Tribunale di Taranto affermava a chiare lettere che “l’esito fatale che ha colpito la signora è addebitabile alla condotta negligente avuta dal personale medico intervenuto al momento del ricovero della povera vittima” e, pertanto, condannava l’Asl-Azienda Sanitaria Locale di Taranto al pagamento del risarcimento dei danni a favore dei figli della donna (€ 270.000 a favore della figlia convivente e € 220.000 a favore degli altri figli).
La stessa Asl di Taranto ricorreva in appello, chiedendo il rigetto della richiesta risarcitoria da parte dei familiari della vittima o, per lo meno, la riduzione degli importi liquidati con la sentenza di primo grado.
La Corte d’Appello di Lecce, invece, rigettava il ricorso, confermando, da un lato, le plurime negligenze ed imperizie medico-sanitarie che hanno condotto al decesso della paziente e, dall’altro, evidenziando ancora la mancanza di un adeguato consenso informato relativo agli interventi chirurgici eseguiti sulla donna, oltre alle altre evidenti carenze nella tenuta della cartella clinica.
Non solo: considerando l’intensità del legame tra la defunta nonna ed i nipoti, l’Asl, come richiesto nell’appello incidentale formulato dai legali fiduciari di Giesse Risarcimento Danni, è stata altresì condannata a risarcire anche ciascuno dei suoi sei nipoti, con la somma, ritenuta equa da parte della Corte, di € 25.000 cadauno.
“La sentenza della Corte d’Appello è davvero emblematica: evidenzia come i consulenti tecnici nominati dal Tribunale siano stati estremamente chiari, coerenti e convincenti nel delineare le gravi responsabilità per negligenza, imprudenza e imperizia riscontrate nell’operato dei sanitari dell’Ospedale SS Annunziata di Taranto – spiega Giuseppe Vacca responsabile di Giesse per la Puglia – Le decisioni terapeutiche intraprese hanno determinato, per i magistrati della Corte di Appello, l’esito fatale per la sfortunata paziente e, finalmente, la famiglia ha ottenuto giustizia per questa drammatica quanto evitabile vicenda”.