Che l’era social sia oramai alla portata di tutti, questo è un dato di fatto, ma non basta possedere uno smartphone, connessione internet e un account sulle diverse piattaforme per diventare un social media manager professionista o un content marketing specialist. Così come, ad esempio, non basta essersi guadagnati in famiglia il titolo di campione al gioco dell’allegro chirurgo per diventare un medico ed acquisire le competenze per esercitare la professione.
Questo purtroppo, nel nostro Paese, è un concetto molto diffuso e che, con la digitalizzazione delle piccole e medie imprese sempre più presenti sulla rete e sui social per promuovere prodotti e attività, ha generato caos e perdite in termini di guadagno e di credibilità.
In Italia su una popolazione residente di 60 milioni, ci sono 80 milioni di smartphone. Sono più di 50 milioni le persone che accedono a Internet ogni giorno e 41 milioni quelle attive sui social media. Il 98% degli italiani compra più frequentemente dai grandi marketplace online e, diversamente da qualche anno fa, non ha remore ad acquistare da siti di eCommerce o eShop stranieri: in testa ci sono quelli cinesi, inglesi, americani e tedeschi.
Piattaforme marketplace che per sponsorizzare il loro brand, sicuramente non si sono rivolte al cugino nerd di turno ma a veri esperti di digital marketing.
C’è ancora tanto da fare invece per promuovere gli eCommerce e più in generale i business delle aziende italiane.
«Il digital marketing ha in sé tante competenze diverse, tra cui anche la gestione dei social che non può essere slegata dalle altre aree. Per fare un esempio pratico non puoi avere un sito che presenta le grafiche e i contenuti del brand e un social dello stesso brand con contenuti completamente diversi, oppure un piano editoriale che non porti in alcun modo traffico al sito o tramite cui non sia possibile tracciare vendite e risultati» dichiara Federica Argentieri Ceo Founder di Timotico Ltd- Content Marketing Specialist e Video Marketer da circa 10 anni, autrice del Best Seller Amazon Italia “Disney Business”.
Federica Argentieri di marketing se ne intende eccome! Fa parte infatti di Timotico, ossia una società inglese di comunicazione integrata sul web, che propone in UK e Italia consulenze e attività di produzione in ambito Digital Content Marketing, con attenzione alle strategie di produzione e di distribuzione dei contenuti per i social e il web dedicata alle aziende che si affacciano al mercato Digital.
«Bisogna guardare ciascun aspetto in ottica di business e di risultati, cosa che il cugino improvvisato, semplicemente non sa fare, perché queste competenze richiedono anni di studio ed esperienza, come per qualsiasi altra professione che si rispetti».
Argentieri pone l’accento sulle conseguenze cui si va incontro quando ci si rivolge a cugini improvvisati nel digital content marketing, tra cui la produzione di contenuti audio-video, immagini e testi per il social e il web.
«Un esempio è quanto accadde nel 2017 con il video amatoriale girato in una filiale della banca Intesa San Paolo. Un video destinato agli ambienti interni ma che una volta balzato sui social ha generato l’ironia, i meme e pesanti prese in giro verso la protagonista. Se questo risultato di un prodotto amatoriale era destinato al personale interno di un’azienda e ha generato tanta polemica, si può immaginare cosa succederebbe alla reputazione di una compagnia se a produrre quel tipo
di contenuti fosse quotidianamente il suo social media manager».
Le perdite, dunque, non riguardano solo l’immagine e la credibilità dell’azienda, ma si stimano anche in termini economici. Il cugino nerd e non professionista, chiederà sicuramente somme da destinare alle inserzioni sponsorizzate su Google, Facebook, Instagram. Uno spreco inutile di denaro, perché il “cugino” non ha le capacità, né le competenze per sviluppare una strategia adatta a quelle che sono le esigenze dell’azienda e del marchio, così come non ha capacità e competenze per gestire ed improntare l’account business dell’azienda che in caso di errori potrebbe essere rallentato o addirittura bloccato insieme a quello dell’amministratore.
Sebbene la maggior parte delle aziende oggi abbia una propria presenza sul web, molte di queste preferiscono arrangiarsi anziché rivolgersi a veri professionisti.
Questo è uno dei principali motivi che nell’era della digitalizzazione delle imprese, vede l’Italia purtroppo al 26esimo posto su 28, molto al di sotto della media europea, così come emerso dai dati del DESI (Digital Economy and Society Index), indice di misurazione e monitoraggio dei progressi dei paesi europei per quanto riguarda la digitalizzazione dell’economia e della società, creato dalla Commissione Europea.