Lasciamo stare un attimo questi maledetti paletti e parliamo di cose serie. Ne abbiamo lette sui social di tutti i colori in questi giorni: “amministrazione incapace”, “falsi”, “offendono”, “non sanno amministrare”, “fanno cose poco chiare”.
Insomma, per chi legge e non sa, viene facile pensare ad un comune amministrato da lestofanti.
Ecco perché vi racconto questa storia realmente accaduta.
Il 5 ottobre del 2014, durante una conferenza stampa nella sede del circolo PCI di Montemesola, fu illustrato un maxi esposto di 416 pagine che da lì a poco, sarebbe finito sul tavolo della Procura jonica.
All’epoca dei fatti, a guidare la maggioranza era Vito Antonio Punzi che ha passato il testimone a suo fratello Ignazio, oggi attuale sindaco, nel 2020.
Perché parlare di una cosa successa nel 2014, ossia 7 anni fa?
Lo scopo è quello di fare chiarezza e di fornire una corretta informazione ai giovani che alle scorse amministrative si sono recati alle urne per la prima volta; a chi vorrà un domani abbracciare un percorso politico candidandosi in una lista; a coloro che man mano vivono e vogliono avvicinarsi alla vita politica del paese con una conoscenza dei fatti concreta e non con gli screenshoot presi qua e là, o sulla base di esternazioni talvolta “filosoficamente” isteriche, finalizzate a non si sa cosa.
Chi scrive non ha mai sostenuto nessuna delle tre amministrazioni Punzi alle elezioni amministrative, data la presenza di un prossimo congiunto nelle liste avversarie. Questa è una premessa doverosa da fare, così da dissipare ogni dubbio in merito a simpatie di bandiera o favoritismi di sorta.
Così come è anche giusto ricordare che la maggioranza degli elettori, durante l’ultima competizione elettorale, ha di fatto scelto chi oggi occupa i banchi delle opposizioni.
Fatte queste premesse, torniamo a quel 5 ottobre di 7 anni fa.
Quella sera furono illustrati due corposi volumi circa 8 questioni relativamente alle quali le opposizioni, all’epoca rappresentate per il PCI da Maurizio Romanazzo, avevano rilevato presunte illegittimità e illegalità.
Per Romanazzo c’erano degli atti attuati dall’amministrazione Punzi, ritenuti illegittimi e che proseguivano il loro iter, nonostante l’opposizione fatta in consiglio comunale, comizi e manifesti.
All’epoca dei fatti i comunisti decisero di rivolgersi alla Procura della Repubblica perché non si poteva parlare più di illegittimità generatesi per inesperienza o per “incapacità” dell’amministrazione comunale, ma secondo loro, c’era un filo conduttore di opacità nel comportamento di chi amministrava.
Nasce così un documento condiviso da tutto il direttivo, con il quale i firmatari, in qualità di cittadini, chiedevano alla Procura di verificare la presenza di eventuali illegalità e di procedere con la denuncia, in caso di esito positivo.
Gli 8 punti nel maxi faldone riguardavano:
• la mensa scolastica realizzata con dei fondi intercettati a suo tempo dall’amministrazione Marangi che non utilizzò perché non disponeva della somma di sua competenza da versare. Romanazzo spiegò in quell’occasione, che l’amministrazione Punzi, ha tentato in qualsiasi modo di riutilizzare quei fondi comunicando alla Regione Puglia, di volerli utilizzare per l’adeguamento della mensa dell’asilo nido, struttura che a Montemesola non è mai esistita.
• Secondo punto, l’appalto per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico. Vicenda ritenuta oscura, poiché si era partiti con l’appaltare la realizzazione e la progettazione dell’impianto fotovoltaico su alcune aree del comune di Montemesola per poi, ad appalto realizzato ed assegnato, cambiarne i contenuti variando le zone di destinazione, riducendo le aree sulle quali realizzare l’impianto fotovoltaico, e di conseguenza, anche gli importi che la ditta ha dovuto versare sia in termini economici sia in termini di energia al comune di Montemesola, senza un nuovo bando di gara.
• Terzo punto, l’ufficio tecnico comunale, relativamente ad assunzioni avvenute, secondo i comunisti, in difformità rispetto al bando.
• Quarto punto, un’autorizzazione per l’impianto riciclo di pneumatici fuori uso, di una nota ditta tarantina, per la quale si era insinuata una sorta di ombra tra i rapporti con la provincia, che vedeva all’epoca assessore all’ambiente Michele Conserva. Per quella vicenda, per le dichiarazioni di Maurizio Romanazzo in consiglio comunale, riportate dalla sottoscritta sul quotidiano TarantoOggi, fummo querelati entrambi. La querela nei miei confronti fu rimessa, in quanto le parti offese compresero che avevo semplicemente virgolettato quanto dichiarato nell’assise comunale. Maurizio Romanazzo fu invece condannato per diffamazione nei confronti di Michele Conserva, al risarcimento del danno e pagamento delle spese processuali.
• Quinto punto, lo smantellamento di impianti contenenti amianto dell’ex sito produttivo Ala Fantini. Per i comunisti, lo smantellamento di quei rifiuti sarebbe avvenuto fuori da qualsiasi norma e regola e senza un intervento da parte dell’Amministrazione.
• Sesto punto, l’acquisizione del passaggio pedonale che da Via Bellini porta al Parco Chyurlia, ossia la scalinata realizzata di recente. Per i comunisti quel passaggio era già stato acquisito nel 1995 con un atto sottoscritto da tutte le parti, ma nonostante ciò, l’amministrazione di Vito Punzi avrebbe tirato fuori la questione dell’acquisizione del diritto di servitù di passaggio concedendo in cambio alla proprietaria la possibilità di poter realizzare una costruzione in deroga non ai regolamenti comunali, ma in deroga alle leggi del codice civile.
• Settimo punto, l’affitto dell’immobile della ex scuola materna, dove ora ha sede un centro di riabilitazione cognitiva. Secondo i comunisti, all’epoca sarebbe stato modificato il regolamento per gli affitti e la vendita degli immobili del comune.
• Ottavo ed ultimo punto, la questione TASI, e la mancata presentazione al MEF della delibera e del regolamento IUC.
Gli 8 punti qui riassunti e relativa documentazione, facevano parte di questo maxi faldone di 416 pagine che il PCI presentò in Procura. 9 persone coinvolte, l’intera giunta. L’accusa ipotizzata era quella di abuso d’ufficio.
Come per ogni iter, ci sono state le indagini. La Digos si è più volte recata sul comune. Ci si aspettava il maxi blitz da un momento all’altro.
L’esito arriva però il 9 maggio del 2018.
Il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Tommasino, accoglie la richiesta del Pubblico Ministero Remo Epifani, e dispone l’archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato. Questo significa che non sono emersi dalle indagini elementi utili a costruire un impianto accusatorio.
Le illegittimità e le illegalità, dunque, non c’erano.
Perché raccontare (nuovamente) tutto questo? Innanzitutto perché in molti sanno che sono stati denunciati presunti illeciti, ma non sanno che la Procura ha ritenuto il tutto infondato, non ravvisando nulla; poi perché è in atto una campagna social denigratoria incentrata esclusivamente su 4 paletti nella piazza, diventati il pulpito per qualche influencer annoiato, dal quale sentenziare e dare degli incapaci, dell’ignorante, cretino o burino e chi più ne ha più ne metta, compresi coloro che dissentono.
Non si può far diventare una questione di gusto (come avvenne anche per le fioriere) un pretesto per gettare fango, prima di tutto su padri e madri di famiglia, poi sulla figura politica (e qui tutto può essere discutibile, per carità).
C’è un uso distorto dei social e commenti intrisi di cattiveria e isteria che talvolta rasentano la diffamazione e vanificano, se non addirittura ridicolizzano, l’attività e il lavoro delle opposizioni che – ricordiamo – hanno scritto di recente al Prefetto per la questione dei Pini in Largo Osanna, cari a tanti montemesolini.
Lasciateli lavorare con gli strumenti che la legge mette a loro disposizione e chi può, si goda la pensione magari prestando la stessa attenzione ai fatti che accadono in terra propria. Ma forse lì, come dicono al nord “non se li fila nessuno”.