Il reparto di Produzione Lamiere del siderurgico tarantino paga un prezzo altissimo in termini di ore di cigo per i suoi dipendenti; infatti ad oggi è fermo e la maggior parte del personale è a casa. Ma la cosa preoccupante è il peggioramento, col passare del tempo, delle condizioni di sicurezza dei lavoratori, a causa della mancanza di investimenti in questa direzione. Molteplici sono state le segnalazioni da parte nostra, dapprima alla direzione aziendale (puntualmente inascoltate), e poi con esposti in Procura. Come ad esempio, la recente denuncia relativa alla presenza di amianto all’interno dei forni a spinta, alle condizioni precarie del tetto dell’impianto, alla scarsa valutazione della gestione dei piani d’emergenza per singolo reparto, oppure al sovraccarico di mansioni ai lavoratori, che non permette agli stessi di operare con serenità ed in sicurezza. Oramai da anni l’attività degli impianti si riduce sempre di più, tanto che sono in marcia solo pochi mesi all’anno e in condizioni precarie, per mancati investimenti su ammodernamento e messa in sicurezza degli impianti. A nostro avviso, il responsabile di questa condizione di estrema instabilità lavorativa e mancanza di sicurezza è l’ing. Cordisco, capoarea del Treno Lamiere e di qualche suo stretto collaboratore, che lentamente ed inesorabilmente sta portando l’impianto ad una fermata totale, e quindi ad esuberi strutturali. L’ingegnere era capoarea del reparto Tubificio 2, fermo oramai da diversi anni; il nostro timore è che possa accadere la stessa cosa all’area Produzione Lamiere. USB chiede di scoprire le carte e dire con franchezza ai lavoratori del reparto Produzione Lamiere che futuro li attende. Non è più possibile continuare a brancolare nel buio.
Assolutamente indispensabile, di fronte all’assenza di prospettive, generali ma anche di area, aprire nuove strade per i lavoratori attraverso un accordo di programma che realmente vada nella direzione da noi auspicata da tanto tempo.