Egregio Emanuele Russo,
il mondo intero riconosce il valore delle azioni e delle manifestazioni che Amnesty International promuove da tanti anni.
Arrivi all’Organizzazione che Lei presiede in Italia il saluto di Taranto, la cui intera provincia, ma in particolare il capoluogo, vive una drammatica situazione oramai da decenni.
Sottomessa alla continua minaccia, troppo spesso mortale, di impianti industriali altamente inquinanti, sostenuti indegnamente dallo stesso Stato italiano, Taranto continua a versare lacrime e sangue ininterrottamente dall’ormai lontano 1965.
Sembra una esagerazione, ma valgano, a conferma, i dati dello Studio S.E.N.T.I.E.R.I., commissionato dal Ministero della Salute (in particolare, quelli riguardanti i bambini di Taranto):
– mortalità infantile: +21% oltre la media regionale;
– età da 0 a 14 anni: + 54% di incidenza di tumori;
– eccesso di mortalità: + 20% entro il primo anno di vita;
– malattie iniziate in gravidanza: +45%.
Sono dati già di per sé spaventosi, ma che diventano anche insopportabili se riferiti ad una repubblica democratica quale è la nostra.
L’area di produzione a caldo, principale imputata della drammatica situazione sanitaria tarantina, messa sotto sequestro senza facoltà d’uso dalla magistratura tarantina nel 2012, ha goduto dell’intervento dei vari governi italiani che, con una pioggia di decreti, ha consentito il proseguimento dell’attività inquinante, tuttora sotto sequestro, a scapito della salute e della salubrità ambientale, con incomprensibili schiaffi alla Costituzione italiana.
Come in una atroce gara al massacro, i governi di questi ultimi anni hanno prodotto ben 12 decreti a favore tutti della produzione.
Ancor di più ferisce ed umilia il differente trattamento riservato a cittadini dello stesso Stato, ma di differenti luoghi. Nel 2005, l’area di produzione a caldo venne per sempre chiusa, a Genova, perché incompatibile con la vita e la salute di cittadini e lavoratori. Grazie ad un accordo di programma, vennero tutelati tutti i lavoratori coinvolti nella chiusura.
Come già sopra accennato, anche la Magistratura tarantina individuò nella stessa produzione a carbone il principale problema per la salute e la vita dei tarantini, ordinando il sequestro senza facoltà d’uso dell’intera area a caldo (anno 2012). Da quel momento, il Governo dell’epoca intese definire di “interesse nazionale” quella produzione.
Addirittura la Corte costituzionale, nel 2013, concesse allo Stato di trovare, in un tempo di 36 mesi, un bilanciamento tra diritto alla produzione e diritto alla salute! Una vera pugnalata a quella Carta costituzionale che individua quale unico diritto fondamentale quello alla salute ed impone alle attività economiche di non esercitare in contrasto con l’utilità sociale e di non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La produzione a carbone, però, deve essere considerata “strategica per la nazione” solo a Taranto, visto che nel 2020 la stessa è stata definitivamente chiusa anche a Trieste. Un evidente esempio di razzismo ambientale!
Nel frattempo, una sentenza sovrannazionale della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, datata 24 gennaio 2019, ha ritenuto lo Stato italiano colpevole di non aver tutelato la salute dei tarantini, condannandolo ad intervenire nel più breve tempo possibile per porre rimedio alla situazione ancora in essere.
Per il più grande processo ambientale mai svolto in Italia, denominato “Ambiente svenduto” e che vede alla sbarra politici e proprietari e dirigenti della gestione “Riva” (1995-2021), i pubblici ministeri, in queste ultime settimane, hanno chiesto condanne che per molti imputati arrivano fino a 28 anni di reclusione.
L’attuale gestione dell’acciaieria tarantina, tuttora retta da commissari governativi, è stata affidata alla multinazionale francoindiana ArcelorMittal, insensibile alle istanze della popolazione tarantina e alle leggi che regolano il lavoro in Italia.
Tuttavia, nonostante la strafottenza dei dirigenti di Arcelormittal, questa multinazionale viene deliberatamente sostenuta dal Governo italiano che è entrato nella società con una prima trance di 400 milioni di euro del popolo, versata quest’anno, alla quale si aggiungeranno ulteriori 680 milioni di euro (sempre del popolo italiano), nel 2022. Così, per mantenere in piedi questa fabbrica che cade a pezzi, è stato previsto il raddoppio dell’attuale produzione a caldo, con prevedibile ulteriore aggravamento della situazione sanitaria e ambientale del territorio tarantino, con buona pace della sentenza della CEDU.
Tutto questo mentre i nostri figli continuano ad ammalarsi, a soffrire e, in troppi casi, a morire!
A febbraio di quest’anno, il TAR di Lecce, dando ragione ad un’ordinanza del sindaco di Taranto, ha ordinato lo spegnimento dell’area di produzione a caldo dell’acciaieria tarantina.
Contro tale sentenza, ArcelorMittal, i commissari governativi e in ultimo anche il Ministero della Transizione ecologica (!) si sono rivolti al Consiglio di Stato che deciderà in merito il 13 maggio p.v.
Si tratterà di decidere, in definitiva, se la salute, la vita stessa dei tarantini potrà continuare ad essere sacrificata sull’altare della produzione inquinante o se finalmente si potrà tornare a considerare la salute come bene primario ed irrinunciabile dell’essere umano.
Ebbene, il 12 e il 13 maggio noi saremo a Roma per due giorni di manifestazioni, in attesa della sentenza del Consiglio di Stato. Saremo a Roma, sostenuti anche da personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, perché non un altro bambino abbia ad ammalarsi, a soffrire e a morire per gli interessi di pochi.
Perché “tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”.
Vorrei, quindi, invitare Lei, gli attivisti e i sostenitori di Amnesty International ad essere al nostro fianco, al fianco dei nostri figli, nelle piazze di Roma.
12 maggio, dalle ore 08;30 alle ore 13;30 in piazza San Silvestro
13 maggio, dalle ore 08;30 alla ore 13;30 in piazza Montecitorio.