Lavorare in sicurezza è il principio al quale si sono ispirate in tutti questi mesi le imprese dell’alimentazione con somministrazione e ristorazione che hanno investito per garantire le condizioni di tutela della salute, fornendo anche indicazioni, nel confronto con il Governo e le autorità sanitarie, per rafforzare le già severe cautele per la prevenzione del rischio. Le decisioni assunte dal Governo per le riaperture non sembrano aver recepito questo impegno.
Sintetizza così UNICOM Confartigianato, il giudizio sul Decreto Riaperture pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella serata di giovedì 22 aprile.
I criteri e le condizioni imposte per le riaperture di ristoranti, bar, pasticcerie con servizio bar, gelaterie, pizzerie – aggiungono dall’Associazione di Via Cesare Battisti – appaiono ingiustificati nei confronti di attività che hanno investito in prevenzione e sicurezza e dimostrato di non incidere in alcun modo sull’andamento dei contagi. E appaiono ancora più incomprensibili se si considera che lo scorso anno le attività di ristorazione furono fatte riaprire il 16 maggio, senza vaccini e vaccinati. Chiediamo pertanto l’allungamento dell’orario di chiusura oltre le 22.
Sono oltre 850 le imprese artigiane dell’alimentazione in provincia di Taranto, che con i loro circa 3.500 addetti riforniscono di un’infinita varietà di prodotti il settore della ristorazione, oltre a farne parte direttamente.
UNICOM Confartigianato giudica discriminatorie le regole che privilegiano le imprese che dispongono di spazi all’aperto. E, anche in questo caso, la somministrazione è soggetta ad una serie di variabili non prevedibili, come il maltempo, che potrebbe vanificare il consumo sul posto e gli investimenti sostenuti per le riaperture.
Tutto questo senza tener conto che la ristorazione è pressoché chiusa da ottobre 2020 e quindi non ha avuto effetto sulla curva dei contagi. Non dimentichiamoci, poi, che spesso sentiamo parlare solo delle imprese direttamente chiuse o limitate negli orari di lavoro e nella loro operatività, ma che a pagare un conto salato e piuttosto rischioso per il futuro sono anche tutte le aziende artigiane di produzione e servizi che lavorano in filiera con il mondo della ristorazione, dell’accoglienza, del turismo, delle cerimonie e convegni. Un mondo che coinvolge potenzialmente circa 2.500 aziende artigiane in tutta la provincia. Nelle condizioni in cui siamo, anche 15 giorni fanno una gigantesca differenza per chi è allo stremo e si confronta con chiusure e limitazioni da quasi un anno e mezzo: il Decreto Riaperture prevede, ad esempio, che l’orario del coprifuoco possa essere modificato da un successivo intervento legislativo: ebbene, lo si faccia, prima che sia troppo tardi per centinaia di attività.
Confartigianato, infine chiede anche indicazioni per lo svolgimento di cerimonie civili e religiose, evitando di aggravare la situazione delle attività di catering, ed in generale, le imprese della filiera degli eventi.