L’accordo fra Invitalia e ArcelorMittal fa nascere la “nuova ILVA”, che si chiamerà Acciaierie d’Italia. Ma Acciaierie d’Italia nasce già condizionata da tanti dilemmi.
Ci sembrano in particolare sette le criticità più rilevanti.
1) Acciaierie d’Italia vincola infatti il suo futuro all’esito del processo ILVA e al dissequestro degli impianti (i pm ne hanno chiesto viceversa la confisca).
2) Acciaierie d’Italia vincola il suo futuro all’assenza di condizioni restrittive conseguenti ai procedimenti penali.
3) Acciaierie d’Italia vincola il suo futuro all’ottenimento di un piano ambientale meno stringente che dia ancora più tempo per mettere a norma impianti che dovevano essere messi a norma già nel 2014. Si prevede infatti che le prescrizioni dell’AIA (l’autorizzazione integrata ambientale) sforeranno i tempi già dilatati previsti in passato e si andrà oltre il 2023 per la messa a norma degli impianti, cosa grottesca oltre che grave. Cosa ancora più grottesca è che questo peggioramento del cronoprogramma del piano ambientale venga presentato come “green” solo perché verranno fatti alcuni cenni all’idrogeno e a “emissioni zero” nel 2050, ossia quando tantissimi tarantini saranno già morti.
4) Inoltre ArcelorMittal non vuole più subire perdite e sgancia questa sua “controllata” italiana dal gruppo multinazionale, “deconsolidando” il bilancio di Acciaierie d’Italia, ossia facendolo uscire dal bilancio consolidato della multinazionale ArcelorMittal, holding che contempla anche le sue controllate. Che cosa significa “deconsolidare” il bilancio? Significa non riconoscere i debiti della nuova società italiana come debiti propri. Saranno i contribuenti italiani che pagheranno un eventuale fallimento economico.
5) Tuttavia lo Stato non potrà mettere valanghe di denaro per ripianare i debiti. Acciaierie d’Italia non potrà accumulare perdite all’infinito perché un tale intervento statale (frutto di prelievo fiscale o di tagli della spesa pubblica) configurerebbe come “aiuto di stato”, cosa vietata dalle norme europee, in particolare da TFUE.
6) Un uso scriteriato del denaro pubblico porterebbe ad una severa valutazione di fonte alla Corte dei Conti e a possibili azioni per “danno erariale”.
7) Non parliamo poi dell’aspetto ecologico e sanitario di una continuazione della produzione inquinante dopo una condanna penale (Ambiente Svenduto è arrivata alle sue ultime battute). La magistratura, dopo un’eventuale condanna, potrebbe anche ravvisare una reiterazione del reato, se ad esempio nuovi studi epidemiologici facessero emergere eccessi di mortalità connessi alle emissioni industriali.
Come si può ben comprendere, ogni entusiasmo dopo la firma dell’accordo fra Invitalia e ArcelorMittal ha il sapore della propaganda. La realtà è invece ben altra.