Le imprese dell’autotrasporto che lavorano per la multinazionale siderurgica Arcelor Mittal, tornano per l’ennesima volta sul piede di guerra. Ormai da lunghissimo tempo non ricevono il pagamento per i servizi già erogati. Inadempienze già denunciate nei mesi scorsi e che continua a generare forte preoccupazione tra i trasportatori, ormai impossibilitati a pagare anche gli stipendi. «La situazione, che coinvolge anche i lavoratori dell’indotto di Novi Ligure e Genova, peggiora di mese in mese. Mittal continua a non rispettare gli impegni. Ad oggi le imprese sono ferme agli acconti delle fatture di ottobre. – riferisce Giacinto Fallone, coordinatore della categoria degli autotrasportatori di Casartigiani Taranto – Tutto il parco mezzi dell’indotto è in queste condizioni. Nel complesso, le imprese vantano crediti per almeno 5-6 milioni di euro». Le notizie che giungono negli ultimi giorni non promettono bene e generano incertezza e preoccupazione tra gli imprenditori. Arcelor Mittal ha infatti annunciato “una riduzione dei suoi livelli di produzione ed un rallentamento temporaneo dei suoi piani di investimento” fino a quando Invitalia “non adempierà agli impegni presi con l’Accordo di Investimento”.La complicata vertenza dell’acciaieria sta mettendo a dura prova il comparto e la continuità operativa delle aziende tarantine che contavano già ingenti crediti maturati con la precedente gestione Ilva. In assenza di una seria interlocuzione con l’azienda e del pagamento delle fatture nel giro dei prossimi giorni, i trasportatori sono pronti a fermarsi. «Siamo stanchi di aspettare, siamo al limite della sopportazione. – commenta Fallone – La multinazionale stia usando le imprese di Taranto come grimaldello per costringere il Governo a intervenire a suo favore. Siamo sotto ricatto, ancora una volta. Arcelor Mittal dica chiaramente che intenzioni ha. La mancanza di trasparenza e chiarezza ci costringe a bloccate il servizio di trasporto».Il segretario provinciale di Casartigiani Stefano Castronuovo, a fronte di una situazione non più sostenibile, fa appello alle istituzioni locali «perché si facciano carico della questione e tutelino imprese e operatori che a causa di scelte politiche sbagliate rischiano di pagare, ancora una volta, il prezzo più alto».