«Chi provoca lesioni ad un Carabiniere deve essere arrestato». Non è la frase di circostanza utilizzata a fini propagandistici politici o quasi politici, ma è l’accorato appello di chi, per i suoi uomini, chiede maggiori tutele: parliamo del comandante provinciale dei Carabinieri di Taranto, Colonnello Luca Steffensen.
Il suo appello è contenuto in una missiva data 18 novembre 2020, indirizzata ad ufficiali dell’Arma e di cui siamo venuti in possesso oggi, che ha per oggetto i rapporti tra autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, relativamente all’autonomia investigativa e alla dipendenza funzionale.
Il Colonnello Steffensen nella sua nota, prende in esame un episodio di violenze ai danni di due Carabinieri, avvenuto a Taranto nel mese di novembre. I militari, comandati in un servizio di notifica di sottoposizione agli arresti domiciliari, furono aggrediti senza motivo dal destinatario della misura, riportando lesioni.
Avvisato dell’episodio il Magistrato di turno, questi dispose soltanto la denuncia a piede libero dell’aggressore, con la promessa dell’emissione in seguito, di un provvedimento restrittivo, previo accordo del Gip con la richiesta del Pubblico Ministero.
Questo passaggio è stato definito dal Colonnello Steffensen “inammissibile”.
«Chi provoca lesioni ad un Carabiniere deve e, ripeto, deve essere arrestato: non possiamo tollerare – si legge nella nota – che chi offende la nostra divisa, con la quale, ricordo a tutti, tanti colleghi hanno sacrificato la loro vita, possa impunemente girare a piede libero!»
A sostegno delle sue affermazioni, il Colonnello Steffensen richiama nella missiva, alcuni riferimenti normativi contenuti nel codice di procedura penale che prevedono la facoltà degli operatori di polizia giudiziaria, di trarre in arresto coloro colti in flagranza di un reato la cui pena prevista è superiore ai tre anni. Tra questi delitti sono compresi quelli di violenza o minaccia a pubblico ufficiale.
Sempre rifacendosi al codice di procedura penale, Steffensen evidenzia quanto previsto dall’articolo 386 al punto IV, ossia che gli operatori di P.G. pongano l’arrestato a disposizione del Pubblico Ministero, mediante la conduzione in carcere o mandamentale del luogo in cui è stato eseguito il fermo.
Ricapitolando, dunque, la legge prevede che l’operatore di polizia possa trarre in arresto in flagranza di reato soggetti responsabili di determinati delitti tra i quali appunto, violenza e minaccia a pubblico ufficiale «anche contro l’eventuale perplessità del Magistrato di turno» e che l’arrestato, a disposizione del Pubblico Ministero, debba essere condotto in carcere o sottoposto al regime dei domiciliari e non, come avvenuto nel caso preso in esempio dal Colonnello Steffensen, denunciati a piede libero.
L’arresto non può, nella maniera più assoluta, dirsi illegale. Sarà l’Autorità Giudiziaria poi a decidere se convalidare o meno il provvedimento.
Con questa analisi, il comandante provinciale di Taranto ha ribadito quello che le norme prevedono, ovvero l’autonomia della Polizia Giudiziaria nell’eseguire un arresto facoltativo «senza – si legge nella nota di Steffensen – chiedere modalità e/o consigli su come procedere nella circostanza o, peggio, attendendo disposizioni in merito».
L’invito è quello di eliminare una sorta di sudditanza, quasi terrore, nei confronti della Magistratura «dalla quale siamo tenuti a rispondere direttamente solo in caso di delega di indagini e non certo per provvedimenti assunti di iniziativa, ove sempre in un alveo di assoluta legalità, eravamo, siamo e saremo indipendenti».
Le aggressioni nei confronti degli operatori delle forze dell’ordine sono in costante aumento. Nel primo semestre dell’anno appena concluso, sono state 1414 le aggressioni ai danni di uomini e donne in divisa. Una crescita in percentuale, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari al +20,6%. Di queste aggressioni, il 40% sono state commesse da stranieri; il 28,6% da persone sotto effetto di sostanze alcoliche; il 14,3% con l’uso di armi proprie o improprie.
Il senso di impunità dilagante, altro non fa che alimentare queste condotte criminose, in quanto i delinquenti sono ben consapevoli che non faranno mai un giorno di carcere e sono anche ben consapevoli che, cavalcando l’onda giusta e affidandosi ai professionisti delle denunce strumentali, basterà che una zecca (o una pulce, quello che preferite) tossisca, per far sì che un operatore delle forze dell’ordine finisca alla sbarra.
In un clima come questo, dove la truppa spesso è agnello sacrificale sull’altare degli interessi di carriera e politici, ben vengano ufficiali come il Colonnello Luca Steffensen che si, “usi obbedir tacendo e tacendo morir”, ma con la schiena dritta.