SAVA (TA) – Fu nel 2013 che il primo cittadino savese denunciò per diffamazione Giovanni Caforio, direttore di Viv@voce, e dopo la condanna in primo grado nel 2018 dal Tribunale di Via Marche, la Seconda sezione penale della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, presieduta dal dott. Del Coco, ha ribaltato la sentenza.
Sava, un paese di 17mila abitanti, tristemente famoso per la mancanza di fogna pubblica, oggi registra l’assoluzione del giornalista savese. I fatti per cui venne chiamato a rispondere, risalgono a poco meno di 10 anni fa e in modo specifico riguardavano la nuova zona del comune denominata “Cimitero vecchio”, parte edificata nella periferica, completamente dimenticata, in cui era appena stata costruita l’abitazione del sindaco Dario Iaia. Caforio fu chiamato dai residenti della zona, esasperati dalle condizioni di viabilità e priva di illuminazione, nonostante gli stessi avessero pagato gli oneri di urbanizzazione da diversi anni, ma senza avere i servizi primari che, sulla carta, dovevano garantire la pubblica illuminazione e la sistemazione delle strade interne. Il direttore di Viv@voce si recò sul posto e, da qui, realizzò un servizio fotografico, poi pubblicato su Viv@voce, in cui metteva in evidenza lo stato dei luoghi e il degrado che i residenti denunciavano. Nel sopralluogo, Caforio notò l’abitazione del sindaco Iaia, ancora in costruzione, illuminata di sera a giorno da un mega faro di circa 8000watt e una telecamera posizionata sul palo della pubblica illuminazione. Caforio riportò fedelmente ciò che aveva visto e, alla luce di tutto questo, invitò dalle pagine del suo giornale, il sindaco savese a rispondere sul perché la sua abitazione fosse così vistosamente illuminata quando le abitazioni circostanti erano al buio completo. Alla luce di tutto questo, e senza rispondere alle domande del direttore di Viv@voce, Dario Iaia pensò bene di attivare le carte bollate.
E così, lo scorso giovedì dopo ben otto anni dalla denuncia del primo cittadino savese, il giudizio di secondo grado assolve Giovanni Caforio motivando così“Le dette notizie, ovvero il reale, raggio d’azione della telecamera, per giunta rimossa immediatamente dopo gli articoli in questione, chi l’avesse collocata e poi rimossa, e chi e quando avesse spostato il faro di modo da illuminare – anche e soprattutto – la casa in costruzione del sindaco IAIA e, poi, successivamente abbia modificato anche tale stato dei luoghi possono che, trattandosi di ipotizzati (e certamente verosimili) abusi acquisibili e che ben difficilmente qualcuno (confessando l’illecito) li avrebbe ammessi”.
Il dispositivo di assoluzione prosegue con: “La verifica dell’illuminazione della costituzione del sindaco erano, a ben vedere, unitamente alla scarsa illuminazione della restante parte della zona ed alle lamentele (per tali ragioni) dei residenti, gli unici ragionevoli accertamenti consentiti, nella specie che il Caforio eseguì, prima di pubblicare la notizia”.
La Seconda sezione penale della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, conclude sottolineando che “il sindaco IAIA anziché interloquire con il giornalista per le domande che gli poneva pensò bene di procedere in questa sede penale”.