E’ di alcuni giorni fa la notizia secondo cui Lucio Marzo, attualmente detenuto nel carcere di Quartucciu, in Sardegna, avrebbe fatto richiesta di poter ottenere permessi per lavorare fuori dal carcere.
Una richiesta che dovrà essere vagliata, ma che ha scatenato da subito l’ira dei familiari della vittima, Noemi Durini. La prima reazione pubblica è stata quella di Benedetta Durini, sorella di Noemi, che alcuni giorni fa aveva scritto un post su Facebook in cui aveva espresso rabbia e sgomento per questa possibilità, riferendosi all’assassino di sua sorella come un essere “privo di dignità”, “indegno” e “disumano”.
Detenuto ormai da 3 anni, era stato condannato in secondo grado (in via definitiva, dopo la rinuncia a presentare ricorso in Cassazione) il 7 giugno 2019, con rito abbreviato, ad una pena di 18 anni e 8 mesi per l’omicidio di Noemi Durini.
Fu lui a confessare quel brutale omicidio, il 13 settembre, crollando davanti agli inquirenti che già nei giorni successivi alla scomparsa della ragazza, avevano ritrovato i filmati di una telecamera di sorveglianza che lo riprendevano all’alba del 3 settembre con la sua fidanzatina Noemi, a Specchia, e che facevano di lui l’ultima persona ad aver visto Noemi prima della scomparsa.
A 17 anni Marzo uccise barbaramente la sua fidanzatina di 16 anni, prima percuotendola a mani nude, poi accoltellandola con ferocia e, infine, abbandonando Noemi, viva e agonizzante, sotto un cumulo di massi pesanti, nelle campagne di Castrignano del Capo.
Gestito inizialmente come caso di scomparsa – a seguito della denuncia della mamma di Noemi presentata il 5 settembre 2017, dopo da due giorni in cui non aveva più notizie della figlia – e rivelatosi, nei 10 giorni successivi, attraverso serrate indagini e infine con la confessione di Marzo, un caso di omicidio volontario.
A parlare adesso è la mamma di Noemi, Imma, che commenta la richiesta di Marzo, in una lettera apparsa sul Corriere della Sera: “Trovo impensabile, da madre, che colui che ha tolto la vita a mia figlia in un modo barbaro e crudele possa avere diritto alla libertà, tramite permessi premio o ulteriori benefici. Voglio ricordare che ai tempi il ragazzo aveva 17 anni ma appena due mesi dopo il crimine ne ha compiuti 18, ha raggiunto la maggiore età, ed è proprio questo che deve farci riflettere sull’ulteriore gravità dell’atto.”
Nella lettera pubblicata dal Corriere della Sera, la mamma di Noemi ripercorre dolorosamente alcune tappe di quello che in pochi giorni, si rivelò un incubo ad occhi aperti: dal ritrovamento della figlia, alla ricostruzione dell’omicidio, la mamma di Noemi spiega con sconforto gli eventi che cambiarono per sempre la vita di un’intera famiglia.
Fa appello alle istituzioni, la mamma di Noemi, di non accogliere la richiesta di Lucio Marzo ad ottenere i permessi lavoro (la legge stabilisce che ne avrebbe diritto in quanto minorenne all’epoca dei fatti), chiedendo che la pena venga scontata fino all’ultimo giorno all’interno della struttura detentiva e ricordando che in tre anni di reclusione, Marzo non avrebbe mostrato alcun segno di pentimento, ma anzi “Addirittura, in un’udienza, il giudice gli chiese se volesse scusarsi con noi, e lui rispose freddamente e svogliatamente con un grugnito di disapprovazione.”
Parla di persona socialmente pericolosa, la signora Imma, riferendosi all’assassino di sua figlia e, rivolge un appello affinché non gli venga concesso neanche “un istante di libertà”.
“Un assassino che ha agito con crudeltà e lucidità”, queste le parole che la mamma di Noemi usa, ricostruendo quei momenti – dalla scomparsa fino al ritrovamento della figlia – spiegando come Marzo avesse agito al fine di eliminare ogni prova, creandosi alibi e infine cambiando versione per non prendersi le proprie responsabilità.
Nelle parole di una madre che ha dovuto seppellire sua figlia di appena 16 anni, c’è lo sconforto di chi sa che nessuna condanna potrà mai rendere davvero giustizia ad una perdita immensa e, mentre ricorda con commozione i progetti e i sogni di sua figlia, il dolore si percepisce – se possibile – ancora più intenso: “Apprendere del ritrovamento di mia figlia è stato straziante, un dolore immenso che non auguro mai a nessuno di provare. Quel giorno, insieme a mia figlia, sono morta anch’io. Noemi aveva 16 anni quando le è stato tolto il sorriso, aveva una vita davanti piena di sogni e progetti. Voleva danzare, studiare e fare la psicologa. Voleva aiutare i bambini in difficoltà – scrive ancora nella lettera – facendo sostegno nelle scuole. Voleva visitare tanti luoghi, vedere le montagne, il mare, la natura, le città. Voleva sposarsi, avere dei figli, indossare l’abito bianco e trasferirsi in un’altra città, dalla sorella, una volta finite le superiori. Una vita che lui ha spezzato e distrutto, insieme a quella della mia famiglia e mia, come madre. Senza neanche mai chiedere perdono.”