Dopo 18 mesi scoprimmo invece, in seguito a quanto emerso nel corso della causa instaurata a Milano da ArcelorMittal che aveva esercitato il diritto di recesso dal contratto, che il piano ambientale risultava inadempiuto e che le parti si rinfacciavano a vicenda la colpa per tale inosservanza. Scoprimmo, inoltre, che il Governo aveva secretato parte di quell’addendum nel quale era stata concessa ad ArcelorMittal la facolta di recedere dal contratto a titolo gratuito, senza dovere pagare alcuna penale. In questo modo il Governo aveva liberato ArcelorMittal dalle obbligazioni che si era assunta per il pagamento del prezzo di acquisto di euro 1.800 milioni e degli investimenti necessari per adempiere alle prescrizioni del piano ambientale, pari ad euro 1.147 milioni.
Quando la causa finì, nel marzo del 2020, con un accordo transattivo, il Governo proclamò che si era raggiunta una intesa che prevedeva la creazione di una nuova impresa, partecipata dallo Stato, che avrebbe attuato un piano industriale ed uno ambientale pienamente rispettosi di ogni norma di tutela della salute e dell’ambiente. Il ministro dello sviluppo economico, Patuanelli, dichiarò di essere pienamente soddisfatto della nuova intesta che prevedeva “una forte decarbonizzazione con l’uso dei forni elettrici” . Il ministro Tria ebbe a dire che “la decarbonizzazione di ILVA con l’idrogeno sarà tra i perni del recovery plan”. Per il premier Conte, infine: “ILVA sarà riconvertita in una acciaieria Green”.
Dopo 8 mesi di questa propaganda, in cui questi messaggi sono stati ripetuti senza soluzione di continuità, apprendiamo oggi che non era vero niente. Infatti ArcelorMittal e lo Stato, tramite la sua controllata Invitalia, hanno creato una nuova società ed hanno annunciato che il piano industriale prevede un aumento della produzione a 8 milioni di tonnellate annue, di cui 6 con l’attuale ciclo integrato continuo e 2 con la costruzione di forni elettrici. Il tutto grazie anche al rientro in esercizio di AFO5, il più grande altoforno di Europa.
Apprendiamo, quindi, che si continuerà a produrre acciaio con l’attuale sistema che utilizza le cokerie, di cui non è prevista alcuna chiusura, né ora né mai. Apprendiamo, inoltre, che il limite dei 6 milioni di tonnellate, previsto dall’attuale piano ambientale, verrà superato e portato ad 8, con la costruzione dei forni elettrici, cioè di impianti nuovi ed aggiuntivi anche essi altamente inquinanti, tanto è vero che a Genova, dove ILVA li propose, furono ritenuti non compatibili per la vicinanza alla città, nonostante fosse stata chiusa l’area a caldo.
In definitiva, il nuovo accordo prevede la continuazione della produzione con impianti ancora sotto sequestro, illegali in quanto non sono state realizzate le prescrizioni AIA nei tempi prestabiliti. Regione Puglia e Comune di Taranto, se davvero vogliono attivarsi per la tutela del territorio e della salute dei cittadini, dovrebbero sollecitare al TAR del Lazio la trattazione, previa sospensiva, del ricorso per l’annullamento del DPCM del 29 settembre 2017 che autorizza la produzione con impianti che invece dovrebbero essere fermati per l’art. 29 decies del d. lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente).
Assisteremo pertanto ad un significativo aumento delle emissioni e cioè l’esatto contrario di quanto hanno affermato i governanti. In alcuni Stati la diffusione di notizie false all’opinione pubblica da parte di chi governa costituisce reato. In Gran Bretagna è addirittura prevista una pena che può arrivare fino all’ergastolo. In Italia purtroppo non esiste questo specifico reato. Tuttavia la misura è colma e noi non possiamo più sopportare, oltre a morti e malattie, menzogne e falsità, atti secretati e depistaggi.
Pretendiamo trasparenza da parte di chi ci governa ed è per questo che abbiamo presentato un esposto-denuncia alla Procura di Roma al fine di accertare se questa incredibile sequela di notizie false ed ingannevoli, messa in atto da diversi ministri, costituisca reato.
In particolare, al Procuratore della Repubblica di Roma abbiamo chiesto di svolgere ogni opportuna indagine per scoprire se dietro le notizie false si nascondano più gravi reati.