Siamo ancora una volta col fiato sospeso per decisioni importanti che, tra pochi giorni, rischiano di esser prese non tenendo in considerazione la voce di un territorio che, con sempre maggior forza, chiede diritti e senso di responsabilità. Arcelor Mittal ha ampiamente dimostrato, con azioni e omissioni, di non essere un’interlocutrice affidabile. Riteniamo, pertanto, che sia un grave errore continuare la trattativa con una multinazionale del genere, che dovrebbe essere estromessa da ogni riflessione sul futuro.
Ha senso investire altri soldi pubblici (si parla di un miliardo di euro) in uno stabilimento fatiscente, privo da tempo di manutenzione ordinaria e straordinaria, rischioso per la sicurezza dei lavoratori e per la salute di cittadini e lavoratori stessi? Ricordiamo che lo Stato, condannato dalla sentenza CEDU del 24 gennaio 2019 “per non aver difeso i suoi cittadini”, ha già sprecato circa 4 miliardi di euro negli anni di commissariamento e amministrazione straordinaria.
Dopo oltre otto anni e svariati Governi, va preso atto che la situazione peggiora sia dal punto di vista ambientale che occupazionale e i progetti di cui si sente parlare (ingresso di Invitalia come socio di maggioranza, produzione a otto milioni di tonnellate annue, mantenimento sostanziale dell’attuale processo produttivo e nessun riferimento alla valutazione del danno sanitario) non promettono nulla di buono. L’intervento pubblico deve, invece, tutelare la comunità tutta (lavoratori e cittadini), sia sul piano della salute che su quello reddituale.
Su una questione così complessa non ci sono verità assolute e ricette preconfezionate, ma pensiamo che otto anni e mezzo siano un tempo sufficiente per fare un bilancio di quanto accaduto e mettere in campo visioni coraggiose e realizzabili. Crediamo, quindi, si debba pianificare il fermo definitivo delle fonti inquinanti, mettendo in salvaguardia i redditi dei lavoratori.
È giunto il momento di ragionare di un rigoroso piano di investimenti pubblici adeguati, finalizzati a bonifiche, riqualificazione delle maestranze e riconversione economico-industriale del territorio. Ci saranno a disposizione ingenti risorse comunitarie a sostegno della transizione ecologica. È il tempo di pianificare, come farebbe una classe dirigente responsabile e illuminata, che cosa e come produrremo su questo territorio in un’ottica di medio-lungo periodo. Le toppe finiranno per allargare il buco, come accaduto in questi anni. Dettagliare la riconversione necessita di volontà politiche, competenze tecniche, ampia condivisione. Siamo coscienti sia un processo che richiede coraggio. Sul terreno della riconversione economico-industriale daremo il nostro contributo sin da subito con proposte concrete.