Se si guarda l’Italia da un satellite, in particolare durante il periodo notturno, ci si accorge che, oltre alla ricca ed interconnessa Pianura Padana e a poche aree metropolitane molto affollate, come Roma e Napoli, una macchia di luce abbastanza concentrata si staglia in mezzo al Mare Mediterraneo. Quella macchia così evidente è il tacco del nostro stivale, corrispondente approssimativamente alle Province di Taranto, Brindisi e Lecce, solo genericamente definite e conosciute anche all’estero come Salento.
Quella luce fitta non è un caso. Indica inequivocabilmente una relazione stretta, sedimentata nella storia recente e lontana, di infrastrutture, abitati e in generale vita, non solo economica, che corre da una costa all’altra in uno spazio che, per i canoni globali, è davvero molto contenuto. E come è accaduto altrove in Europa in contesti geograficamente assimilabili, pensiamo all’area di Nizza e della Costa Azzurra, oppure al cosiddetto Northern Range, che attraversa le Fiandre e i Paesi Bassi fino ad Amburgo, ci stiamo ora interrogando su come trarre vantaggio da quella relazione, su come massimizzare le opportunità per i poco meno di 2 milioni di cittadini di questa area metropolitana senza soluzione di continuità. Ciò che in verità avevano compreso già i nostri avi della Terra d’Otranto.
E le sfide nuove che ai nostri sistemi economico-sociali pone il Covid-19, stanno accelerando questa riflessione e il desiderio di integrare e rafforzare la rete dei trasporti di questa area metropolitana, di migliorare la promozione dei nostri territori verso l’esterno e finanche le loro proposte verso il livello regionale, di spingere l’interazione culturale e soprattutto gli sforzi comuni nel campo della ricerca e dell’innovazione, di creare un ecosistema semplificato per gli investimenti e di lavorare insieme, con maggiore credibilità, nel contesto dei progetti europei e della Next Generation EU.
Senza che nessuna delle tre città o nessun ente debba rinunciare alle proprie specificità, alla propria attuale agenda e ai traguardi prefissati.
Per questi motivi resistiamo alle sirene dei campanilismi e anche all’esuberanza di alcuni accademici.
In gioco c’è il futuro di tanti giovani di questa splendida terra.
Il masterplan che verrà realizzato con il contributo tecnico-scientifico di UniSalento mira a dare soluzioni moderne e sostenibili a quelle sfide così complesse, perché le potenzialità di cui abbiamo sempre discusso nei nostri convegni diventino presto una programmazione amministrativa concreta, e perché possano essere superati gli stereotipi, patinati e non, delle Province salentine.
Puntiamo a favorire un efficiente sistema di comunità integrato, il tempo ci dirà se per fare ciò sia utile anche riordinare la governance dei nostri territori, oggi questo non è certo il tema. Se vogliamo, è il tentativo di “esplodere” il piano comunale di transizione Ecosistema Taranto verso le sorelle Brindisi e Lecce, perché anche nelle trasformazioni la massa conta e moltiplica cultura, ricchezza e in generale benessere.
Stare insieme è una scelta politica. Nel senso di volersi occupare con serietà e prospettiva delle nostre comunità, e non solo di questioni che creano immediato consenso. Vuol dire costruire economia reale e non inseguire paure. Da sempre le nostre terre sono state aperte al mondo, al centro di quel mondo. Non c’è ragione per cui da quelle radici non si possa insieme tornare al protagonismo della Terra d’Otranto. Siamo certi che stiamo solo aprendo una strada che altri, in giro per il Bel Paese, presto percorreranno.