20 anni di carcere: è questa la pena stabilita dalla Corte di Assise d’Appello del tribunale di Lecce – distaccamento di Taranto – nei confronti di Luigi Raffaele Pesare, l’ex carabiniere di 56 anni, in servizio alla radiomobile di Manduria che il 18 novembre, a Sava, ha ucciso la sorella Maria Pasana di 50 anni, il cognato Salvatore Bisci di 69 anni e il padre 85enne, Damiano.
La Corte d’Assise d’Appello ha riformato la sentenza di primo grado, del 19 luglio 2019, emessa dal giudice delle indagini preliminari, che aveva condannato con rito abbreviato l’ex carabiniere a 30 anni di reclusione.
La pubblica accusa, rappresentata dal procuratore generale, Giuseppe Gerardo, aveva chiesto dall’inizio del procedimento in Assise, che fosse applicato il massimo della pena e l’isolamento diurno per l’ex carabiniere.
Luigi Pesare – che attualmente si trova nel carcere di Matera – sposato e con due figli, la mattina del massacro era in licenza. Eppure aveva con sé la pistola di ordinanza quando si è presentato nell’abitazione di sua sorella Pasana (dove viveva anche il padre Damiano) intorno alle 11.30 di quel giorno.
Una discussione accesa – forse l’ennesima sulla gestione allargata al cognato salvatore Bisci, dei terreni paterni di olive – fanno scattare la furia omicida: l’uomo spara in rapida successione prima suo padre, poi con 5 colpi di pistola fredda la sorella Nella e poi il cognato. Infine punta l’arma contro se stesso, sparandosi un colpo al mento.
Al momento della tragedia il figlio 12enne della coppia uccisa, si trovava fortunatamente a scuola.
Sarà Lugi Pesare a chiamare un collega, dopo aver compiuto la strage e, poco prima di spararsi nel tentativo di togliersi la vita: “Aiutami, ho ucciso mia sorella, mio cognato e mio padre, aiutatemi che ora mi uccido pure io, ho fatto una minchiata”.
Nelle prime ricostruzioni era stata ipotizzata la premeditazione, poiché l’uomo aveva con sé l’arma di ordinanza pur essendo in licenza e per via del ritrovamento in caserma, nel cassetto dell’appuntato, di 33 proiettili calibro 9, posseduti illecitamente.
Ed è proprio la tesi della lucida e spietata consapevolezza, quella portata avanti in aula dai legali della parte lesa, contrariati dalla sentenza riformata in corte d’assise d’appello, che ha ridotto di un terzo la pena stabilita in assise.
Mentre la tesi della difesa si è sempre incentrata sull’esplosione di ira – dovuta ad uno stato di frustrazione dell’imputato ed ostilità perdurante nei periodi antecedenti il triplice omicidio, poi sfociata in quella furia dopo una ennesima lite – che per questo aveva avanzato la richiesta del riconoscimento di attenuanti generiche prevalenti rispetto alle circostanze aggravanti.
Ligi Pesare sconterà (salvo ricorso in Cassazione) 20 anni di reclusione, con la possibilità tra 7 anni di richiedere la semi libertà.