TARANTO – All’ indomani della roboante visita del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Taranto, dobbiamo rilevare che, al momento, vi è un progetto per cambiare il volto della nostra amata città. Si faranno interventi di riqualificazione in Città Vecchia, si è proceduto alla posa della “seconda” pietra per la costruzione del nuovo ospedale (la prima fu per il San Raffaele di ‘pelilliana’ memoria), si è inaugurata la “ Scuola di Medicina “, costola dell’Università di Bari.
Bene! Tutti interventi doverosi per scuoterci di dosso quella famosa etichetta di “Vocazione Industriale “ che da decenni siamo costretti a dover sopportare.
Purtroppo dobbiamo sottolineare che, ancora una volta , non si cerca di valorizzare l’economia locale ormai con l’acqua alla gola. La costruzione dell’ospedale appaltata ad aziende del barese, nulla porta, come ricaduta economica, alla città. Attenzione però, non diciamo che la costruzione di un nuovo Polo Sanitario non servisse, diciamo solo che in un tempo quale quello odierno, non vi sarà lavoro per nessun tarantino.
Come sempre dobbiamo portare ricchezza al di fuori della nostra provincia penalizzando le imprese del Territorio jonico.
Da anni Taranto è alla mercè di promesse, basti ricordare il famoso Cis ormai attivo da alcuni anni ma in effetti non ancora utilizzato per la città se non per la parte inerente il porto.
Come Associazione datoriale siamo costretti a ricordare al Presidente del Consiglio Conte e al Governatore della Puglia Emiliano, che ben poco si è fatto per salvare dalla bancarotta le micro e piccole imprese. Vi sono imprese che non hanno potuto godere dei finanziamenti perché ritenute non bancabili, oppure hanno un fatturato basso da non coprire il reale bisogno di liquidità .
Rileviamo , quindi che la “ Potenza di Fuoco” dello Stato Italiano ha abbandonato parte delle aziende per favorirne altre. Anche la Regione Puglia non ha fatto grandi cose, basta pensare alla veloce chiusura dei bandi di Microcredito e Articolo secondo per mancanza di fondi.
Quindi, ci chiediamo, quando ci saranno delle linee programmatiche certe che possano inglobare tutti i settori produttivi? Le imprese hanno bisogno di liquidità immediata che devono reimpiegare nel proprio ciclo produttivo. Se quella liquidità non proviene dal settore bancario o dalle vendite dei manufatti prodotti o commercializzati a chi si dovranno rivolgere? Al mercato illegale dell’usura?
Questi sono i rischi reali di cui noi ci rendiamo ben conto e che evidenziamo facendo attività al fianco delle aziende, associate e non che siano.