Nelle prime ore della mattina di oggi, personale di questa Squadra Mobile, in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, a seguito di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce – Sost. Proc. dr. Milto Stefano DE NOZZA, ha dato esecuzione ad una Ordinanza di Custodia Cautelare emessa dal Tribunale di Lecce – Sezione dei Giudici per le indagini preliminari, a carico di 23 soggetti, responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di altri gravissimi delitti contro la persona ed il patrimonio, tra cui rapine, estorsioni, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Altre 27 persone risultano altresì indagate nell’ambito del medesimo procedimento penale e destinatarie di avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Con l’operazione di questa mattina è stato disarticolato un sodalizio criminale armato che, dopo il blitz “Impresa” del luglio 2017, era riuscito a riorganizzarsi sul territorio di Manduria ancora interessato dal fenomeno mafioso e governato da frange della Sacra Corona Unita, sempre più orientate ad attuare una strategia di potenziamento del proprio prestigio criminale.
L’azione investigativa ha posto in evidenza, infatti, che, sin dalla scarcerazione di M.N., nipote del boss storico della S.C.U. S.V. (avvenuta il 03/02/2018) si è dato corso a un nuovo assetto organizzativo dell’associazione mafiosa operante in Manduria in cui, in assenza dei capi storici, sono state ridisegnate le posizioni di vertice.
L’organizzazione criminale, negli ultimi anni, è stata in grado di rigenerarsi mediante la costituzione di un direttivo – una vera e propria “Cupola” – i cui indiscussi esponenti sono C.G., M.W., M.N. e P.E. i quali, ricorrendo all’intimidazione, ovvero sfruttando il vincolo associativo, hanno assoggettato l’intero territorio di Manduria, addivenendo al pieno controllo del traffico illecito di sostanze stupefacenti, delle attività estorsive (anche nella forma della c.d. estorsione “ambientale”) e delle rapine.
L’associazione mafiosa individuata rappresenta il “congiungimento” di due gruppi criminali un tempo in conflitto tra loro e, tuttavia, entrambi riconducibili, come anticipato, alla “S.C.U”.
Pur risultando diretta prosecuzione dei clan (dai quali mutua la fama mafiosa e la conseguente forza di intimidazione), il sodalizio in questione risulta caratterizzato da elementi di novità: esso si avvale di una nuova forma di intimidazione, non soltanto predatoria e violenta, ma anche silente e simbiotica rispetto al contesto sociale di riferimento, preservando e finanche rafforzando l’egemonia dell’associazione mafiosa originaria anche attraverso alleanze e patti siglati con i gruppi criminali di territori limitrofi.
L’indagine ha dimostrato l’ evoluzione del “metodo mafioso”, riducendo il ricorso all’ “azione manifesta” e normalmente cruenta, univoco segno della forza di intimidazione, privilegiando invece la minaccia velata di violenza.
Ne discende che oltre alle scorribande armate, l’indagine ha registrato l’esistenza delle “estorsioni ambientali” nelle cui forme emerge quella “evocativa” nella quale l’estortore non si serve della minaccia esplicita, ma di quella derivante dall’appartenenza o dal legame con noti malavitosi.
Il materiale indiziario complessivamente acquisito consente di contestare una numerosa serie di reati posti in essere dall’organizzazione mafiosa, la quale si prefigge, fra le altre cose, il raggiungimento del totale controllo del mercato illecito degli stupefacenti, con una marcata propensione pure a contaminare l’economia legale, riciclandone i proventi. Notevole la disponibilità di armi da parte dell’associazione mafiosa, anche micidiali, custodite dai membri del clan ed oggetto dei numerosi sequestri operati.
Hanno partecipato all’operazione i Reparti Prevenzione Crimine della Polizia di Stato di Bari e Lecce, le unità cinofile antidroga ed antiesplosivo che ed il 9° reparto Volo di Bari nonché le Questure nei cui territori di competenza dimoravano alcuni altri soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi.