Egregia sig.ra Morselli, le scrivo dopo aver ascoltato il suo intervento alla trasmissione Porta a Porta su RAI 1 in onda qualche sera fa. Potrei scriverle da semplice cittadina di Taranto, da mamma preoccupata per la salute e il futuro dei propri tre figli. Ma ahimé, le scrivo da mamma… come definirmi, orfana? Amputata? Spezzata? Distrutta? Non esiste nulla che mi possa definire, ma mettendo da parte una becere e inutile definizione, rimango una mamma che ha perso una parte del suo cuore.
Lei che asserisce: “Tutti dobbiamo essere orgogliosi di questo impianto, il più bello d’Europa, il più moderno, il più potente, credo sia un privilegio per tutti e per me essere a lavorare lì”. Beh io non lo sono e non potrei mai esserlo, come non lo saranno mai tutte le mamme e tutti i papà che soffrono ogni giorno nel vedere i propri figli spegnersi e sentirsi frustrati nel non poter far nulla.
Lei ci vede una fabbrica moderna? Noi che ci viviamo ci vediamo una fabbrica di morte, una fabbrica che devasta la vita sia di chi ci lavora e sia di chi per scelte personali non ci ha mai voluto avere a che fare. Una fabbrica che distrugge ogni potenziale altro lavoro e un territorio intero. La invito un giorno a casa mia a sentire quel vuoto che è capace di produrre la sua moderna e potente fabbrica di cui va tanto orgogliosa.
Mi risulta difficile concludere con i formali cordiali saluti e mi firmo come la mamma di Giorgio, come tutti hanno imparato a conoscermi, che dal giorno della nascita del primogenito ha preso molto sul serio il privilegio di essere mamma e che da quel momento ha deciso di lottare sempre e comunque a favore della vita e mai della morte.
Carla Luccarelli
La mamma di Giorgio