Sullo sfondo dei lavori in corso agli Stati Generali dell’economia italiana, ancorché non direttamente evocato c’è un tema trasversale tanto ineludibile quanto meritevole di opportune scelte strategiche: la connessione alle reti di quinta generazione, meglio conosciute come reti 5G, già destinate a caratterizzare il nostro futuro.
Al pari di un sistema di reti materiali commisurate alle esigenze ed alle nuove prospettive degli anni futuri, di cui ancora il nostro Paese è palesemente carente ed oggi più che mai lo è nel Mezzogiorno ed nelle nostre aree per quanto ci riguarda – autostrade nazionali, portualità di ultima generazione, reti dei trasporti per un’unica rete trans europea multimodale per integrare il trasporto terrestre, marittimo e aereo, Zes, alta velocità, reti tans-europee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni – diventa addirittura indispensabile e senza altri ritardi la scelta epocale di una ulteriore risorsa, anche per lo sviluppo di questi territori, come le 5G, fondamentali per implementare anche il nostro sistema di collegamento con le società e le economie europee e mondiali, per competere e non per restarne tagliati fuori.
Le economie dotate di reti 5G saranno trasformate, per quanto ormai noto, in senso migliorativo, le opportunità dei nostri ragazzi e giovani in particolare saranno amplificate, gli spazi di mercato delle imprese risulteranno accresciuti, la mobilità mondiale rivestirà i caratteri di un unico grande villaggio globale, gli stessi modelli di società probabilmente saranno votati ad un cambiamento che si auspica allarghi l’inclusione sociale, aumenti produzioni ed occupazione, disegni nuove opportunità di sviluppo, di progresso, di competenze a beneficio di ogni persona.
Se opportuno, dunque, sarà dare un senso a quanto in tempi di lockdown o confinamento è stato ripetuto come un mantra e cioè che nulla dopo la pandemia da Covid-19 sarà più come prima, la via pare tracciata e sarebbe sconsiderato confinare il nostro Paese nello status quo, ferme restando le problematicità al momento irrisolte, in fase di discussione, come la sicurezza pubblica sia sanitaria che ambientale connessa, appunto, alle reti di quinta generazione, proprio per gli innumerevoli campi elettromagnetici ad alta frequenza (superiori ai 30 GHz), i rischi di compromissione dei dispositivi digitali – benissimo al riguardo le raccomandazioni sia del Consiglio che del Parlamento Europeo – alla ciber sicurezza o vulnerabilità delle stesse 5G e con esse alla compromissione di dati sensibili dei cittadini e della pubblica amministrazione.
Entro il corrente mese anche l’Italia, nella prospettiva di un mercato unico digitale europeo, dovrebbe completare la valutazione dei rischi delle infrastrutture di rete 5G, aggiornando i requisiti di sicurezza vigenti a carico dei fornitori ed includendo condizioni per azzerare i rischi di esposizione a elettrosmog e ad assicurare la sicurezza delle reti pubbliche, in particolare per quanto riguarda la concessione dei diritti di uso delle frequenze radio nelle bande 5G.
L’insieme di questi processi richiede, evidentemente, il massimo della responsabilità a tutti i livelli dal momento che, al netto di allarmismi fine a se stessi e, addirittura, di pur evocate cospirazioni a danno della sicurezza nazionale, essi meritano opportune ed approfondite valutazioni preliminari di eventuale rischio sulla salute non solo da parte degli enti pubblici nazionali ma anche di quelli internazionali deputati al controllo ambientale, sanitario e di sicurezza, considerata l’estensione e la capillarità delle nuove reti mobili.
Ulteriormente imperativo sarà consolidare nel Paese forme di partecipazione tra politica, istituzioni, forze sociali e professionali, per realizzare nuove declinazioni dell’offerta formativa ed in prospettiva occupazionale alle giovani generazioni, nonché della stessa didattica che richiederà specifici investimenti finanziari privilegiati, a partire dalla esigibilità di quelli già stanziati ed una correlazione pià efficace tra scuola secondaria, Università e sistema produttivo locale.
La stessa partecipazione, oltretutto, sarà utile ai rispettivi livelli territoriali di Taranto e di Brindisi, per rilanciare una concertazione al palo su diverse questioni o mai veramente decollata su altre, eppure imprescindibile perché si rifaccia il punto sulla serie di criticità vertenziali che coinvolgono le rispettive comunità, in tutte le fasce sociali purtroppo ma anche sulle prospettive di sviluppo di medio e lungo termine, così che si restituisca, all’intera fascia ionico-adriatica, la dignità sociale, economico-produttiva, occupazionale e culturale che merita.
Antonio Castellucci
13 giugno 2020