Discutere di differimento dei termini per l’esecuzione di alcune prescrizioni AIA, nello specifico la chiusura dei nastri trasportatori, come d’altronde del valore di quella intera AIA, appare inutile se la proiezione dell’amministrazione Melucci è già incisa a chiare lettere nel ricorso contro il Dpcm del 29 settembre 2017 e nell’ordinanza sindacale del 27 febbraio 2020.
La conferenza di servizi dello scorso 26 maggio, non ancora chiusa e nella quale gran parte dei pareri non sono, ahinoi, comunque vincolanti, che ha accolto l’ennesima richiesta in tal senso di ArcelorMittal, ci svela in realtà che quel piano di risanamento è ampiamente disatteso dall’azienda e che l’unica strada possibile è ormai un ridimensionamento dell’impianto siderurgico, che passi attraverso un accordo di programma chiaro, definito e orientato verso una transizione tecnologica che non possiamo più rimandare.
ArcelorMittal ha chiesto di differire i termini per ottemperare alla citata prescrizione, avanzando l’alibi del blocco delle attività per il Covid-19. Il tema, però, è che ha chiesto un rinvio di 14 mesi in luogo dei 3 di lockdown, una posizione che denuncia ritardi che vengono da lontano e che la Direzione Ambiente del Comune di Taranto ha più volte contestato, senza ricevere alcun riscontro dall’azienda.
E anche in questa conferenza di servizi, nella quale come noto si procede per opinione prevalente, la posizione del Comune è stata quella di rilevare l’inadeguatezza di una nuova proroga, a fronte della quale abbiamo chiesto che ArcelorMittal circostanziasse le ragioni del differimento all’ordine del giorno.
Un chiaro indizio di quel generale e colpevole ritardo è la coltre rossa che ha colorato già le cupole, in origine candide, che ricoprono da pochi mesi i parchi minerali. È dunque del tutto inconfutabile che il problema continui a provenire dall’area a caldo, dai processi di agglomerazione che non hanno ricevuto gli interventi necessari (e previsti) per ridurre le emissioni, come i filtri Meros annunciati ancora a giugno dello scorso anno.
ArcelorMittal non può più nascondere il suo disinteresse per la città, nemmeno rilanciando con un ennesimo piano industriale, che ci immaginiamo scarsamente coerente persino con le prescrizioni AIA cui è obbligata, già di per sé insoddisfacenti come detto. Perché se davvero volesse immaginare il futuro dell’acciaio verde targato Taranto, la società affittuaria dell’ex Ilva dovrebbe prendere le recenti distinte parole del vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans, e trarne profonda ispirazione: “La transizione passa dalla rinuncia al carbone e da un processo di innovazione che richiede lungimiranza”. E noi aggiungiamo investimenti miliardari veri, non quelli propinati a intervalli regolari in accattivanti slide nei ministeri romani.
Diversamente, trascinare oltre un percorso che ha già mostrato il suo limite di realizzazione è pratica che non ci appassiona. Alla conferenza di servizi di aggiornamento del prossimo 12 giugno presenteremo una nota dettagliata per sostenere la nostra posizione: ArcelorMittal rispetti tempi e prescrizioni, altrimenti non ci sarà più spazio di confronto. Il tempo per i trucchi è scaduto, spostare il momento degli esami avanti di anni non equivale a stare a posto con la legge e la morale, non salverà azienda e funzionari dalla sonora bocciatura dei cittadini e della storia.