La vocazione del porto di Taranto a diventare riferimento strategico della Nuova Via della Seta non è una scoperta dell’ultima ora, ma è nelle cose per innegabili ragioni geografiche, dato che si trova ina una favorevole posizione geografica, di fronte al Canale di Suez, ed è dotato di infrastrutture in grado di sostenere i poderosi traffici navali previsti appunto dalla Nuova Via della Seta.
Stupisce che gli esponenti di Forza Italia, di Fratelli d’Italia e della Lega, che in queste ore si allarmano per inesistenti “svendite” del porto di Taranto ai Cinesi, non contestino il fatto che da mesi i porti di Genova e di Trieste, notoriamente appartenenti a Regioni governate da questi stessi partiti, stanno facendo di tutto per accaparrarsi i traffici provenienti dalla Cina, proprio in competizione con Taranto. Se si teme che il disegno della Cina sia quello di impadronirsi dei porti italiani, questo timore dovrebbe valere per tutti i porti italiani, e non solo per quello di Taranto.
In realtà, spiace dirlo, siamo di fronte a piccole polemiche di carattere localistico e di mediocre cucina elettorale. Su questi temi il rapporto di collaborazione istituzionale fra la Regione Puglia e il Governo centrale risale ai tempi del Governo giallo-verde e ha lo scopo strategico di promuovere un modello di sviluppo diverso rispetto a quello legato esclusivamente alle sorti dell’ex Ilva.
Certo, dai tempi in cui l’ex Ministro Giovanni Tria candidò candidamente (mi si perdoni il bisticcio di parole) i porti di Genova e di Trieste come approdi per la nuova Via della Seta, omettendo il fatto banale che Taranto si trova proprio di fronte al Canale di Suez e che le navi cinesi arrivano prima a Taranto e dopo a Genova o a Trieste, ne è passata di acqua sotto i ponti. Grazie alle sinergie fra l’attuale Governo, col Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sen. Mario Turco, e la Regione Puglia, anche con l’Assessorato che ho l’onore di rappresentare, è stata formalizzata la ZES interregionale Puglia – Basilicata, ed è stata istituita la Zona Franca Doganale, provvedimenti che comportano importanti agevolazioni fiscali, tributarie e doganali per le imprese che intendono realizzare piani di sviluppo qui da noi.
Se quindi gli investitori stranieri, anche cinesi, guardano oggi con grande attenzione a Taranto e al suo porto, e se questo porterà a concrete prospettive di sviluppo che investiranno vari settori produttivi del territorio, gli esponenti politici locali dovrebbero manifestare soddisfazione, invece che cedere alla tentazione di polemiche spicciole.
L’eurodeputata della Lega Anna Bonfrisco, veronese, getta l’allarme sulla “possibile vendita di un’infrastruttura strategica di portata europea (cioè il porto di Taranto) a un’azienda legata al Partito comunista cinese”. E aggiunge addirittura: “il rischio è che l’operazione dia inizio a un riequilibrio geopolitico…”.
Di tenore simile, anche se per fortuna non fanno riferimento a fantasmagorici riequilibri geopolitici, sono le dichiarazioni di Mauro D’Attis, commissario regionale pugliese di Forza Italia, dell’on. Ylenja Lucaselli, tarantina, e del collega Consigliere regionale Renato Perrini, ambedue di Fratelli d’Italia.
Si tratta di prese di posizione eccessive e di fatto (lo dico per gli esponenti politici pugliesi) autolesionistiche. Il Porto di Taranto è e resterà saldamente in mani pubbliche, non sarà venduto o svenduto a chicchessia. Nel contempo sono benvenute le iniziative economiche e commerciali italiane e straniere che, utilizzando i vantaggi oggi previsti dalla legge, si dovessero insediare nel nostro territorio. Ne beneficeranno la Puglia, la città di Taranto e la sua provincia.
MINO BORRACCINO
ASSESSORE ALLO SVILUPPO ECONOMICO
REGIONE PUGLIA