Ripartenza?.. Fase2?..Fase 3?.. Rilancio dell’attività delle imprese?
Nelle condizioni attuali l’unica certezza è il gravissimo rischio di chiusure di massa, di rinunce: quale imprenditore vorrà più assumersi il rischio d’impresa se questo non è solo economico ma anche penale? E se la burocrazia da pesante che era è diventata assolutamente asfissiante, impedendo di fatto all’artigiano di portare avanti la propria attività?”
La posizione di Confartigianato Taranto, espressa dal Segretario provinciale Fabio Paolillo, e chiara e descrive lo scenario nel quale le piccole e medie imprese tarantine sono, mai come ora, in una condizione davvero difficile. Tutto ciò non è a causa solo della paura di un mercato povero e della bassa capacità di spesa dei clienti, con questo si lottava già prima del covid, ma la mazzata definitiva arriva soprattutto dall’incredibile, dannoso e inatteso inasprimento della burocrazia legata alla ripresa dell’attività imprenditoriale a seguito dell’attenuazione delle pandemia covid19.
Quindi, che sia chiaro a tutti, i nostri artigiani e piccoli imprenditori sono pronti a ripartire con ancora maggiore determinazione e voglia di rialzarsi, non vogliono passare per quelli che si piangono addosso, che sanno solo lamentarsi. Questo è un dipinto creato da qualcuno, non certo dalle imprese del territorio. Uno dei beni primari dell’imprenditore, oltre alla sua impresa e la fasmiglia, è la sua dignità. Ma agli imprenditori vanno dette le cose come stanno, chiare e pecise.
Invece siamo di fronte al solito caos all’italiana – dice Paolillo – troppi i soggetti in causa che si sovrappongono gli uni agli altri ognuno con proprie regole, criteri, funzioni e procedure. E ognuno chiede alle imprese cose diverse o, se chiede le stesse cose, le chiede con modalità diverse o chiedendo documentazione diversa. Una cosa però le accomuna: scaricare sulle imprese le loro inefficienze magari spacciandole per semplificazione. Non siamo stupidi, leggiamo le carte e ci accorgiamo palesemente che non esistono certezze e regole chiare, e questo genera enormi ritardi e confusioni. Sentiamo parlare e lamentare in tv di sovraproduzione normative, il bello è che ne parlano anche i rappresentanti di chi la produce. Ma ci rendiamo conto che molte cose sono di fatto impraticabili in autonomia da molte imprese ed ingestibili da coloro ai quali le imprese si sarebbero rivolte per chiedere assistenza? Ci vuole il tempo necessario e la chiarezza dispositiva.
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, le imprese sanno di cosa stiamo parlando. In parole povere siamo di fronte ad un’incomprensibile e ingiustificabile soffocamento da parte della burocrazia: in questa situazione qualsiasi complicazione evitabile deve essere evitata e, se vogliamo responsabilizzare le imprese, dobbiamo fare di tutto per contribuire a creare un contesto che le aiuti e che trasmetta loro fiducia, senza inutili vessazioni burocratiche.
Ma non basta. Sugli imprenditori grava un altro incubo creato dal Governo: “L’articolo 42 del decreto Cura Italia, al comma 2, prevede infatti che se un lavoratore è contagiato dal Covid-19 il caso è iscritto nel registro dell’Inail come infortunio sul lavoro. E’ chiaro che la priorità assoluta è la tutela della salute, ma il rischio è di cadere in un ginepraio legale: ritenere a priori il contagio come infortunio sul lavoro automaticamente implica contenziosi con le aziende, che potrebbero portare a gravi sanzioni, sia in sede civile che penale, in quanto potrebbero configurarsi, in capo al datore di lavoro, varie ipotesi di reato, dalle lesioni gravissime fino all’omicidio colposo. Ma per quale motivo il datore di lavoro dovrebbe assumersi responsabilità che di fatto non ha, in particolar modo quando ha rispettato in pieno gli standard previsti per il contenimento dell’epidemia?.
Per finire – conclude Paolillo – si stanno già effettuando i controlli delle aziende da parte delle varie autorità locali e forze dell’ordine, per la verifica della documentazione e protocolli per l’adozione delle misure anti-contagio del Covid19.
Non ci sono imprese che non hanno compreso la gravità di questa emergenza sanitaria e che non siano disposte a profondere il massimo impegno per raggiungere l’obiettivo e cioè lavorare in massima sicurezza per se stessi, i propri collaboratori ed i clienti. Non potrebbe essere diversamente altrimenti, l’alternativa sarebbe la chiusura dell’attività e quindi l’interesse è esattamente quello che tutti noi abbiamo: la sicurezza.
Quello che vogliamo far comprendere alle autorità ed alle nostre Istituzioni governative ed amministrative locali è che questo nuovo sistema lavorativo è molto complesso, si tratta di cambiamenti importanti da implementare nelle attività. Il colmo è che le regole di cui si parla ancora non ci sono tutte. Ad esempio, per le aperture del 18 maggio, che è lunedi prossimo, i protocolli e linee guide annunciate ancora non ci sono ed usciranno uno o due giorni prima di quella data. Allora cerchiamo di comprendere la complessità dei problemi per gli imprenditori. Pensate che riusciremo a portare le imprese fuori dalla crisi con queste procedure asfissianti e ingestibili o invece sarebbe opportuno operare in questa fase con lo spirito della prevenzione e dell’informazione, senza passare subito alle sanzioni, dando il tempo necessario per adeguarsi al meglio. Il rischio grosso è quello di assistere alla fine di quel poco di sistema imprenditoriale di grande valore che era rimasto in provincia di Taranto, con tutte le conseguenze occupazionali e quindi anche sociali che questo comporta.
Taranto, 12 maggio 2020