A Taranto con la “fase 2” post covid sono tornati attivi diversi centri abusivi di trasformazione di prodotto ittico che trattano i mitili violando ogni norma di tracciamento del prodotto, oltre che quelle igienico-sanitarie. In questi nuclei produttivi improvvisati si producono illecitamente vaschette di plastica che contengono cozze sgusciate. Queste vaschette raggiungono, poi, pescherie e ristoranti senza etichetta o con una etichetta falsa. Con il riavvio di queste attività, quindi, proprio in questi giorni siamo tornati ad esplorare i fondali del primo seno del Mar Piccolo nei pressi dei moli galleggianti di Via Garibaldi, per avere conferma della effettiva pericolosità della filiera illecita messa all’opera per introdurre nel mercato regolare cozze contaminate. A pochi metri di profondità sono presenti numerose zoche di cozze sistemate con mezzi di fortuna: o appese ai moli dove attraccano i pescherecci o posti sul fondale. I centri di trasformazione, anche se definirli così è assolutamente improprio perché per trattare il prodotto bisogna avere l’autorizzazione alla trasformazione e una azienda autorizzata a farlo, si approvvigionano grazie ad un camion frigo che periodicamente distribuisce zoche di cozze ai cetri abusivi dislocati su Via Garibaldi mentre a loro volta, questi centri, a seconda della propria produttività fanno stoccaggio utilizzando come “magazzino” i fondali del primo seno del Mar Piccolo. Va anche specificato che queste cozze non sono il prodotto del seme della cozza tarantina, giungono a Taranto da centri di spedizione dell’alto Adriatico o della Grecia senza denunciare i traffici alle autorità preposte.
Nel corso degli anni, dopo diverse denunce e conseguenti interventi dei militari che si sono sempre conclusi con sequestri e denunce, spesso scatta la critica buonista che giustifica le persone che operano in questa struttura produttiva illecita secondo la quale questa gente è lì solo per guadagnare 20 euro al giorno per portare la spesa a casa, perché non c’è altro lavoro. Considerando per un attimo questa assurda tesi, senza entrare nel merito della fruibilità dei sussidi sociali e delle responsabilità dell’amministrrazione locale che da troppi anni ignora il problema che rappresenta un serio rischio per la salute pubblica, possiamo giungere alla conclusione che i cittadini di Taranto (ma anche della provincia e degli altri capoluoghi regionali) debbano contrarre un tumore perché qualcuno non ha un lavoro. A primo impatto può sembrare una tesi azzardata ma analizzando bene tutti i passaggi di questa folle condizione sociale non si può far altro che arrendersi a questa cruda realtà, quindi: una persona che non ha lavoro deve guadagnare 20 euro al giorno nella misura in cui chi mangia i mitili, prodotto della sua attività, contrae un tumore perché avvelenato da diossina e pcb, o nella migliore delle ipotesi va incontro ad un infarto.
Quale istituzione vuole continuare ad attribuirsi queste responsabilità nel mantenere un equilibrio sociale che non ha eguali nell’intero territorio nazionale? Non è più possibile consentire a queste persone di avvelenare i consumatori. Per maggiore chiarezza, e siccome in merito alla mitilicoltura nel Mar Piccolo di Taranto si fa spesso molta confusione, è necessario ribadire alcuni concetti. Dal 2011 ad oggi, nei mesi più caldi di ogni anno, le analisi della Asl hanno certificato valori molto elevati, ben oltre i limiti di Legge, in riferimento alla sommatoria Diossina-Pcb. I mitili assimilano nella loro parte grassa questi inquinanti altamente cancerogeni, quindi dannosi per la salute. Per cercare di limitare questo serio problema nel primo seno del Mar Piccolo, previa concessione che autorizzi una azienda alla mitilicoltura in un determinato specchio d’acqua, è consentita solo allevare il seme delle cozze, cioè negli impianti dei mitili si può allevare il seme che una volta cresciuto va spostato negli impianti del secondo seno del Mar Piccolo o del Mar Grande quando hanno raggiunto una grandezza di 3 cm e, comunque, entro il 28 febbraio di ogni anno. Questa regola, e non solo questa, viene specificata nell”ordinanza regionale n. 188 del 25-3-2016 poi prorogata dalla n. 532 del 13-9-2018.
Negli ultimi anni, i valori della sommatoria Diossina-Pcb rilevati dalla Asl di Taranto nei controlli mensili hanno raggiunto valori impressionanti. Premesso, come già detto, che dal 2011 ad oggi, ogni anno nei mesi tra aprile e ottobre questi valori hanno sempre superato il limite di legge, tra il 2018 e il 2019 abbiamo raggiunto l’abnorme valore di 25,048 (con una incertezza di ± 4,062) a fronte del limite regionale (1259/11) posto a 6,5 pg/gr per il parametro sommatoria Diossine-Pcb DL (diossina simili). Mangiare cozze con questo elevato tasso di diossina e pcb significa andare incontro a gravi problemi di salute sino ad un precoce decesso. La diossina provoca il cancro, è dannosa durante lo sviluppo fetale ed ha effetti gravi anche sul sistema cardiovascolare, sul tratto gastrointestinale, sul fegato e sul sistema nervoso e sul sistema endocrino. E’ stata riconosciuta quale agente cancerogeno per l’uomo (classificata gruppo 1) dallo IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Alla diossina va poi aggiunto l’effetto del PCB dl (diossina simili), che agiscono, appunto, con la stessa tossicità delle diossine.
Di fronte a questo lassismo istituzionale, nonostante il lodevole sforzo dimostrato nei ripetuti interventi di Guardia Costiera, Polizia e Carabinieri, anche nei luoghi citati, non è più possibile accettare un rischio per la salute a favore di un disagio sociale che nessuno vuole affrontare e risolvere. Non è più possibile far pesare in maniera così grave, sulla salute del consumatore, il danno provocato da attività illecite tollerate. Non è più possibile consentire alle attività illecite di schiacciare il mercato regolare tramite una concorrenza sleale nei confronti dei miticoltori onesti che trattano la vera cozza tarantina, un prodotto che andrebbe tutelato ed incentivato con ogni mezzo. Questi banchi abusivi dislocati lungo la marina della Città Vecchia vanno smantellati definitivamente, il primo seno del Mar Piccolo va ripulito da ogni allevamento abusivo di mitili, la Città Vecchia va presidiata ogni giorno dalla Polizia locale, il Mar Piccolo va bonificato, con una bonifica “vera” per il ripristino delle attività di mitilicoltura in totale sicurezza. Già, ma che fine hanno fatto le bonifiche del Mar Piccolo dopo tanti anni di attività del Commissario straordinario alle bonifiche?
Luciano Manna