Non chiamate queste persone pescatori, non lo sono. Chi in questi giorni sta compiendo la mattanza del tonno rosso nel Golfo di Taranto, e nello specifico nella rada del Mar grande, una specie simbolo del Mar Mediterraneo a rischio di estinzione, è solo un bracconiere a cui andrebbe andrebbe negata per sempre la possibilità di tornare a d esercitare l’attività di pesca. Tutte le immagini proposte in questo articolo si riferiscono alla di pesca del tonno nel mese di aprile 2020 avvenuta nella rada del Mar Grande da parte di alcune persone alla conduzione di pescherecci tarantini che gettano reti tra le navi mercantili e quelle dell’arsenale militare. Alcune di queste imbarcazioni, in questi giorni, sono state fermate dalla Guardia Costiera di Taranto che, nonostante il difficile periodo di emergenza sanitaria dovuto al Covid19, ha continuato a pattugliare mari e coste del capoluogo. Solo grazie a questi interventi, almeno per il momento, è stata interrotta questa drammatica mattanza ai danni di questa specie protetta.
Numerose sono le violazioni che compino questi bracconieri: svolgono attività di pesca in uno specchio d’acqua dove non è consentita questa attività, così come da “Ordinanza di approvazione del Regolamento di Sicurezza e dei Servizi del Porto di Taranto” della Capitaneria di Porto di Taranto; non hanno la licenza per la pesca del tonno rosso, autorizzazione sempre rilasciata dalla Capitaneria di Porto; pescano il tonno in un periodo in cui non è consentito, visto che è autorizzata solo da metà giugno a metà ottobre; violano, quindi, legislazione nazionale ed europea che a loro volta recepiscono le raccomandazioni della ICCAT (Commissione internazionale per la conservazione dei tonni dell’Atlantico) nel piano di gestione pluriennale del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo;
inoltre, adottano tecniche di pesca che devastando la flora marina utilizzando le reti da circuizione e da strascico, e in ultimo, anche nel caso di pesca accidentale del tonno, vanno rispettate direttive precise emanate dalla Capitaneria. Nel caso del porto di Taranto l’unico punto di sbarco consentito dopo aver pescato il tonno rosso, anche nel caso di pesca accidentale, è la calata 1 e 2 presso il primo sporgente previa comunicazione via radio alla Capitaneria così come sancito dall’ordinanza 89/2009.
Acquisiti questi incresciosi materiali che portano alla luce condotte che nulla hanno a che fare col mestiere del pescatore e che danneggiano l’immagine della città e dell’intero comparto ittico, ci siamo rivolti all’associazione Mare per Sempre, l’organo associativo più accreditato nei due mari di Taranto che svolge attività a supporto delle istituzioni e degli enti di ricerca scientifica. “La migrazione del tonno rosso, o pinna blu, avviene ogni primavera dall’Atlantico settentrionale al Mar Mediterraneo al fine della riproduzione della specie che tornerà, poi, nell’Atlantico ad ottobre. Il tonno rosso migra in gruppi e sceglie il Mar Mediterraneo per la grande presenza di pesce foraggio come novellame, sardine e alici, e in via del tutto eccezionale riteniamo che si sia inoltrato nella rada del Porto di Taranto a seguito dello scarso traffico navale, pescherecci compresi, causato dall’emergenza sanitaria. Particolarità, infatti, del nostro Golfo è una determinata temperatura che favorisce la nascita e la crescita del novellame. Queste attività illecite interrompono una catena delicatissima perché come già detto il tonno mangia il novellame ed inoltre questa pesca è anche dedita alla cattura dello stesso novellame, anche questa un’attività proibita. Decimare le quantità di novellame nel Golfo di Taranto crea un danno inestimabile perché 1 kg di novellame domani diventerà dai 50 ai 70 kg di pesce adulto commerciabile, per questo motivo queste attività di pesca illecita con la cattura di tonno e novellame creano un danno irreparabile su flora e fauna marina. Forse siamo l’unica città al mondo che può osservare i tonni da una ringhiera del lungomare. Noi continueremo a lavorare al fine della tutela della straordinaria biodiversità dei nostri mari. Lo facciamo anche con intenzionalità educativa nell’ambito dei progetti di alternanza scuola-lavoro”.
Luciano Manna