Associazione a delinquere aggravata, distruzione e deturpamento di bellezze naturali, inquinamento e disastro ambientale, violazioni delle norme in materia di pesca e ricettazione: sono queste le accuse che coinvolgono, a vario titolo, 49 persone destinatarie di un avviso di garanzia per disastro ecologico e indagati dalla procura di Taranto. Le indagini, condotte dal P.M. Buccoliero hanno evidenziato un mercato sommerso, che coinvolgerebbe gruppi di pescatori e titolari di esercizi commerciali che avrebbero acquistato e immesso il prodotto ittico raccolto illecitamente. Desertificazione di un’area di 3000 mq, chilometri di costa frantumati per estrarre i datteri di mare – specie protetta, di cui è proibita la pesca – arrecando danni irreversibili all’ecosistema dei fondali prospicenti alla TCT, della scogliera di Lido Azzuro e San Vito. I datteri, sarebbero stati venduti in città Vecchia ad alcune pescherie, e verosimilmente anche ad alcuni ristoratori della provincia.
Il giro di affari sarebbe superiore al milione di euro e vedrebbe coinvolti esercizi commerciali e pescatori, L’operazione, condotta dal comandante Giorgio Castronuovo, al termine di tre anni di indagini, ha visto impegnati la polizia giudiziaria e i sommozzatori della Guardia Costiera di Taranto, portando alla luce una vera e propria organizzazione dedita alla commercializzazione ed alla pesca di datteri.
Il sindaco Melucci ha espresso soddisfazione per l’operazione condotta dagli uomini della Guardia Costiera di Taranto: “L’estrazione illegale del “dattero di mare” produce danni irreparabili per tutto il territorio ionico; è infatti importante proteggere le nostre scogliere e salvaguardare l’ecosistema marino. A tutto ciò si aggiunge la fondamentale battaglia per la legalità e il rispetto delle norme, contrastando il mercato sommerso che da questa attività produceva un giro di oltre un milione di euro. Alla Capitaneria di Porto, al Comandante Castronuovo e a tutti i soggetti impegnati in questa operazione il mio sincero ringraziamento.”I datteri di mare sono una specie protetta e la loro pesca è vietata dal 1998 in Italia: il motivo risiede nelle tempistiche di sviluppo di questi molluschi e dipende dal fatto che l’unico modo per poterli raccogliere è la distruzione delle rocce in cui vivono. Essendo un mollusco pregiato, la loro vendita frutta ai pescatori di frodo anche 100 euro al chilo.