La Guardia Costiera di Taranto, diretta dal Comandante Giorgio CASTRONUOVO, dopo 3 anni di intensa attività investigativa di polizia giudiziaria, ha posto un freno al disastro ambientale perpetrato per anni da un’associazione a delinquere dedita al danneggiamento, ricettazione e distruzione dell’ambiente marino a mezzo di specifici mezzi di percussione, per l’estrazione della specie protetta del “dattero di mare”. In particolare l’azione degli investigatori ha portato alla luce l’esistenza di un vero e proprio “MERCATO SOMMERSO”, per un giro di affari ben superiore al milione di €uro, che coinvolge dal piccolo operatore criminale locale, ai più organizzati esercizi commerciali, i cui titolari erano disposti ad acquistare e immettere sul mercato, il prodotto illecitamente raccolto. Tale attività delittuosa ha provocato danni irreversibili all’ecosistema della fascia costiera orientale jonico-salentina area, com’è noto, di notevole interesse paesaggistico, comportando la desertificazione di un’area di oltre 3000 mq, pari a tre volte la superficie dell’isola di san Pietro, per svariati chilometri di fascia costiera. Gli avvisi di garanzia, emessi dall’A.G di Taranto, riguardano ben 49 soggetti, non solo della provincia tarantina, a dimostrazione della vastità del fenomeno, coinvolti a vario titolo nella distruzione dell’ambiente marino finalizzato alla raccolta, commercializzazione e detenzione della specie protetta, alcuni dei quali già noti alle Forze dell’Ordine per la spiccata capacità delinquenziale. Le operazioni di polizia giudiziaria condotte con attività “tecnica” ed anche con l’ausilio di sommozzatori della Guardia Costiera – durante le quali è stata acquisita una mole considerevole di elementi di prova, con gravissimi indizi di reato utili a definire con chiarezza, ben circostanziandolo, il quadro indiziario a carico degli indagati – hanno messo in luce i rapporti concorsuali tra gli stessi, stabilmente impegnati nell’attività delittuosa, e si sono concentrate sui fondali devastati, prospicienti la TCT, la scogliera in località Lido Azzurro e quella di San Vito.
Appare necessario evidenziare, così come accuratamente riportato nell’esauriente consulenza scientifica redatta dal CNR di Taranto, in che modo l’impatto prodotto dalla pesca del dattero – che rientra per legge tra le specie protette – abbia ripercussioni gravissime non solo sulla stessa specie, a causa del continuo assottigliarsi dei popolamenti dovuto ai prelievi indiscriminati che abbassano il tasso di riproduzione, portandolo all’estinzione, ma anche sulla fauna e la flora bentoniche esistenti, le quali vengono quasi azzerate con devastanti conseguenze a carico delle biocenosi che abitano le pareti rocciose. Tutti gli organismi che crescono sulle rocce e che sono alla base delle catene alimentari vengono in questo modo distrutti, e la scomparsa di alghe ed invertebrati comporta preoccupanti e irreparabili conseguenze sulla biodiversità, sulle reti trofiche ed, in generale, sul funzionamento dell’ecosistema. Infatti la distruzione induce l’allontanamento delle specie ittiche, costrette a migrare in luoghi ancora integri per rifugiarsi ed alimentarsi. In definitiva, tale pesca illegale induce gravissimi danni all’ambiente marino sia nel breve periodo, provocando la morte di tutti gli organismi sessili vegetali e animali insediati sulle rocce demolite, sia nel lungo periodo, portando alla completa desertificazione del fondale marino.
Quindi, l’importante operazione portata alla conclusione in questi giorni dal personale della Guardia Costiera di Taranto, quale articolazione territoriale dipendente funzionalmente anche dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, consente di registrare un ulteriore risultato nella lotta finalizzata alla tutela dell’inestimabile patrimonio ambientale che, date le note problematiche della città, necessita la massima attenzione da parte di tutte le istituzioni operanti sul territorio”.