Sconvolge assistere all’ennesima farsa Arcelor Mittal che ripresenta al Governo un Piano industriale inaccettabile con oltre 5000 esuberi, di cui 2891 già nel 2020, con l’organico dell’ex Ilva che passerebbe dai 10.789 occupati del 2019 ai 6.098 del 2023.
Appare chiaro che l’intento del gruppo franco-indiano non è quello di puntare al rilancio dello stabilimento di Taranto, quanto quello di avviarlo verso un rapido e irreversibile declino. Non siamo di fronte a un piano industriale, ma a un percorso che porta alla chiusura vera e propria dell’azienda.
Ciò rappresenta una grave mancanza di rispetto, una vera e propria offesa sia nei confronti dei lavoratori e dei cittadini della città di Taranto, sia dell’intero Paese. Lo scudo penale era in sostanza la messa in scena dei nuovi gestori dell’ex ILVA.
Concordiamo con i Sindacati hanno definito “irricevibili” i tagli annunciati da Arcelor Mittal, proclamando lo sciopero per il prossimo 10 dicembre all’ex ILVA.
La città di Taranto non ci sta! Articolo Uno non accetterà l’assurdo ricatto di una multinazionale che già aveva predisposto la delocalizzazione nonostante i patti sottoscritti. Siamo di fronte ad un “raggiro”!
Attendiamo il ministro Patuanelli, che ha annunciato a nome del Governo un piano per rendere l’impianto più eco-sostenibile, un piano che farà diventare l’ex ILVA un esempio di impianto industriale siderurgico, con uso di tecnologie sostenibili al fine di tutelare livelli occupazionali.
Il nostro appello è al Governo centrale: si intervenga subito con un Piano Taranto concreto e sostenibile dal punto di vista ambientale. Urge un intervento pubblico affidabile, magari attraverso la Cassa depositi e prestiti, che abbracci la città di Taranto, sviluppi seriamente le sue potenzialità e avvii procedure per preservare l’occupazione, la salute e l’ambiente del nostro territorio.
Massimo Serio
Segretario provinciale Articolo Uno Taranto