Continua l’attività di monitoraggio e controllo finalizzata al contrasto del fenomeno del “caporalato” disposta dal Questore di Taranto, dr. Giuseppe Bellassai per accertare l’impiego di manodopera “in nero” da parte delle aziende agricole e controllare che non vi siano situazioni di illegalità e di sfruttamento dei lavoratori.
Il personale della Squadra Mobile e del Commissariato di Martina Franca, con la collaborazione dell’ispettorato Territoriale del Lavoro di Taranto, ha sottoposto a controllo alcune aziende agricole della Valle d’Itria.
La prima masseria, di proprietà demaniale e data in gestione ad un residente a Martina, era costituita da un gruppo di trulli utilizzati come privata abitazione del gestore, da una stalla adibita a locale mungitura con annessi altri depositi e ricoveri per animali sparsi.
Al momento del controllo, oltre ai parenti del gestore, nella stalla era presente un cittadino macedone. L’uomo, dopo aver trascorso alcuni anni nel Nord Italia, da pochissimi giorni si era trasferito prima a Bari e poi a Taranto, nell’azienda martinese, ove da diversi giorni veniva impiegato nell’attività lavorativa (anche per 13 ore continuative al giorno) in assenza di alcun contratto, e fatto alloggiare in un locale attiguo alla stalla privo di servizi igienici.
All’esito del controllo, l’Ispettorato territoriale del lavoro ha elevato una sanzione per le violazioni delle norme in materia di lavoro e salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Atteso lo stato di bisogno del lavoratore straniero, privo di altri mezzi di sostentamento in Italia, il titolare dell’attività è stato denunciato per sfruttamento del lavoro.
In un’altra azienda agricola, sempre nelle campagne di Martina Franca, cinque sono stati invece i braccianti di origine straniera trovati intenti al lavoro e privi di regolare contratto.
L’Ispettorato del lavoro ha disposto la sospensione dell’attività lavorativa per l’azienda, sanzionandone il titolare.
Uno dei soggetti stranieri a riferito di aver trascorso le notti precedenti, unitamente ad altri suoi compagni di lavoro, all’interno di un container presente sul posto. Quest’ultimo presentava effettivamente al suo interno, in uno spazio ridotto, cinque letti, un angolo destinato alla cottura dei cibi (con allaccio ad una bombola del gas posizionata all’esterno a ridosso del medesimo modulo) ed un bagno, privi di adeguate condizioni igieniche.