Vogliamo approfittare di questa crisi, che potrebbe cambiare per sempre lo scenario socio-economico nazionale e non solo, per ridiscutere l’intera governance e le priorità di quello stabilimento. Vogliamo che sia restituita centralità e dignità all’uomo e alla comunità locale, prima che al profitto e al pil. Non ci stracciamo, dunque, le vesti se AcelorMittal minaccia di andarsene.
L’Ilva non può essere un fatto italiano quando ci si avvicina alla catastrofe e tornare ad essere una croce tutta tarantina nel resto del tempo.
Qui non c’entra la politica, non c’entrano le teorie sulla decrescita felice. È risaputo in ogni angolo della Puglia e in ogni ministero della Repubblica che l’Amministrazione comunale di Taranto, per fare un esempio concreto, non avversa l’industrializzazione in se stessa e ha sin qui collaborato lealmente con esecutivi differenti. Quindi, non esiste alcuna cospirazione.
Tuttavia, o si cambia una volta per tutte questo modello di sviluppo, in tecnologia e gestione, e si coinvolge seriamente e si superpremia quel territorio che deve sfornare l’acciaio per tutti gli italiani, o nessuna cordata avrà mai pace.
Abbiamo provato ad instaurare con il colosso franco-indiano un rapporto costruttivo ed equilibrato in questo anno, ma nessuna sostanziale collaborazione è stata fornita da quella azienda a Taranto. L’arretramento da promesse e proclami sia su lavoro e indotto che su l’ambiente è oggi assai visibile.
Non pensiamo che ArcelorMittal voglia rimanere qui, pensiamo invece che sia solo una scusa quella dello scudo penale. E lo dimostra il fatto che il Governo nel tavolo tenuto ieri ha subito assicurato il ripristino dell’immunità senza alcun risultato.
Pensiamo invece che ArcelorMittal abbia sbagliato il piano industriale e non sia adesso in grado di rispettare gli impegni presi. E allora, sia il tavolo di crisi un tavolo negoziale ex novo, su tutti gli obiettivi mancati dall’investitore, per andare avanti con o senza di esso, a tutela di lavoratori e cittadini. Questa volta le regole le detta Taranto, però.
Sulla governance della nuova Ilva si gioca perciò la battaglia finale, non solo per l’occupazione e la siderurgia italiana, ma soprattutto per la salute dei tarantini, e questo un privato o uno straniero da solo non lo capirà mai.
Siamo certi che su queste basi, con questi obiettivi chiari in mente, troveremo tutti gli attori e le istituzioni unite per cogliere questa svolta e trasformare l’ennesima drammatica crisi in una opportunità per Taranto.
Il sindaco di Taranto
Rinaldo Melucci