Negli anni ’80 i bambini delle scuole elementari di Taranto venivano portati a visitare il più grande stabilimento siderurgico d’Europa, l’allora Italsider. La finalità “didattica” di queste gite era precisa: forgiare, sin dall’età scolare, la popolazione ionica all’economia basata sull’industria pesante.
A distanza di 40 anni, nonostante i modelli economici mondiali siano volti alla green economy, all’economia circolare e si promuova l’industria 4.0, in terra ionica non è cambiato nulla, salvo il promotore dell’iniziativa.
Parliamo della Raffineria Eni che sceglie alcune città italiane, tra cui Taranto, per il progetto “Circular school” della divisione Eniscuola.
Un progetto che ufficialmente intende insegnare ai bambini l’importanza dell’economia circolare e dell’attuazione di stili di vita sostenibili ma che, in realtà, ci pare esclusivamente finalizzato ad evidenziare un illusorio impegno di Eni all’interno delle comunità nelle città in cui opera.
Abbiamo notizia che uno degli istituti comprensivi interessati sia il “Renato Moro” in cui pare che questo progetto, presentato in prima istanza alle classi quarte e quinte della scuola primaria, sia stato respinto con forza dai genitori dei bimbi potenzialmente coinvolti, ma successivamente presentato ed accettato dalle famiglie dalle terze classi.
È previsto che il 5 novembre prossimo gli alunni trascorrano una intera giornata scolastica all’interno della Raffineria che a breve lavorerà, tra gli altri, il greggio grezzo proveniente dai giacimenti di “Tempa Rossa” in Val d’Agri.
Riteniamo quantomeno paradossale che si incentivi uno stile di vita sostenibile portando dei bambini di 8 anni in una Raffineria che utilizza combustibili fossili, simbolo di un modello di sviluppo considerato ovunque criminale e colpevole della distruzione dell’ecosistema.
Ci chiediamo quale offerta formativa intendano proporre questi dirigenti ai propri allievi, accettando di mandare dei bambini, inconsapevoli di ciò che vedranno e di ciò che saranno costretti a respirare per diverse ore, all’interno di una delle industrie più impattanti sull’ambiente presenti nel nostro territorio. Questo è un modello scolastico che rigettiamo: una scuola moderna dovrebbe formare cittadini consapevoli e rispettosi della natura e delle biodiversità; incentivare lo sviluppo di una sensibilità ecologica, proiettata all’economia del riciclo e del risparmio delle risorse.
Ricordiamo, inoltre, che l’amministrazione comunale ha sottoscritto patti di compensazione con Eni, magari per rendere più accettabili le fughe di gas, l’emissione di idrogeno solforato nell’aria e gli odori nauseabondi che troppo spesso ammorbano la città, anche costringendo i cittadini a ricorrere al pronto soccorso o al medico di base?
Si permette ad una multinazionale che sfrutta il fossile di utilizzare i nostri figli in campagne social, richiedendone l’esplicito consenso scritto ai genitori degli studenti a cui è destinato il “Circular school”, al solo scopo di pulirsi la coscienza.
Abbiamo notizia che lo stesso progetto a Livorno sia stato bocciato senza appello dalla comunità locale, sintomo di una coscienza ambientale diffusa che purtroppo ancora a Taranto stenta ad attecchire.
Bisogna tenere alta la guardia perché non solo l’ex Ilva inquina, e il dovere dei più grandi è quello di difendere le future generazioni affinché possano godere di una città migliore di quella che è stata lasciata a noi.
CONSIGLIERI COMUNALI
BATTISTA,FORNARO E CORVACE.