Nella giornata di ieri, giovedi’ 24 ottobre, davanti alla Casa comunale tarantina, le associazioni “Genitori tarantini”, “LiberiAmo Taranto”, “Donne e Futuro per Taranto Libera” e “Comitato quartiere Tamburi” hanno tenuto una conferenza stampa per chiedere ufficialmente al sindaco, dottor Melucci, di emettere un’ordinanza di fermo degli impianti a tutela della salute dei cittadini di Taranto, sulla scorta delle recenti dichiarazioni del primo cittadino al programma “Presa diretta”, degli allarmanti dati riportati da Arpa Puglia (che certificano il superamento dei limiti di legge per le emissioni del camino E312 ex ILVA) e in particolare del recentissimo studio Aress sulla VIIAS che dimostra come, anche dimezzando la produzione di acciaio autorizzata dalI’AIA, il rischio per la salute dei tarantini resta non accettabile.
Si è voluto ricordare al sindaco che è già passato più di un anno da quando sono state depositate oltre 4000 firme di cittadini per una petizione a lui indirizzata con la quale si chiedevano rassicurazioni sulla salute pubblica e, in mancanza di queste, gli si chiedeva di porre in essere tutte quelle tutele che la legge gli mette a disposizione, fino ad arrivare ad una ordinanza di fermo degli impianti inquinanti, già identificati dalla Magistratura tarantina nel lontano 2012. Petizione che, ad oggi, non ha ancora ottenuto alcuna risposta da parte del primo cittadino.Le associazioni hanno voluto rimarcare il fatto che la produzione a caldo, chiusa a Genova perché ritenuta nociva per la salute di lavoratori e cittadini, a Taranto è diventata magicamente una produzione “strategica”, nel più bieco disinteresse verso la salute, unico diritto “fondamentale” dell’individuo e interesse della collettività (art. 32 della Costituzione italiana). Diritto che, insieme alla salubrità dell’ambiente, sicurezza e dignità, deve essere riconosciuto ad ogni cittadino, dipendenti dell’acciaieria o della raffineria compresi.
Si è parlato anche della sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo /CEDU) che in data 24 gennaio 2019 ha dato ragione ai ricorrenti tarantini avverso lo Stato italiano, riconosciuto colpevole di non aver tutelato la vita e la salute degli abitanti dei cinque comuni del SIN tarantino e condannato a porre rimedio alla situazione ancora in essere nel più breve tempo possibile.
Inoltre, si è portato a conoscenza degli organi di stampa di un nuovo ricorso di un nuovo gruppo di tarantini, preso in carico dalla CEDU in data 2 ottobre, che vedrà la prima udienza nel gennaio del prossimo anno.
Al termine della conferenza stampa, i rappresentanti delle associazioni hanno chiesto un incontro al sindaco. Questi ha fatto sapere che potrà ricevere le associazioni solo dopo una richiesta scritta. Purtroppo, altre volte è già stata inoltrata richiesta di incontro scritta, senza peraltro ottenere alcun riscontro. Tuttavia nella giornata odierna le associazioni hanno protocollato l’ennesima richiesta al Sindaco, nella speranza, questa volta, di ottenere una risposta.