In data odierna la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha comunicato un nuovo ricorso contro l’Italia relativo alle conseguenze pregiudizievoli sulla vita e la salute dei ricorrenti tarantini provocate dall’inquinamento dell’acciaieria ex-Ilva.
Il governo è chiamato a fornire una risposta circa la violazione del diritto alla vita (art. 2 CEDU), del diritto al godimento della vita privata e familiare (art. 3 CEDU) e del diritto a un ricorso effettivo (art. 13 CEDU).
In ragione della precedente sentenza del 24 gennaio 2019 la Corte valuterà se deferire la controversia ad un comitato di tre giudici in luogo della sezione composta da sette giudice, e ciò al fine di confermare la condanna dell’Italia.
Si tratta di un nuovo ricorso contro lo Stato italiano promosso dalla prof.ssa Lina Ambrogi Melle e presentato dagli avvocati dello studio legale internazionale Saccucci di Roma, che già ci hanno rappresentato nel precedente ricorso di denuncia delle violazioni del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica dei tarantini derivanti dal grave e persistente inquinamento dell’aria, del suolo e delle acque da parte del complesso siderurgico in spregio della normativa europea e delle decisioni della magistratura.
Con sentenza del 24 gennaio 2019, divenuta definitiva in data 24 giugno 2019, la Corte dei diritti dell’uomo ha già accertato la mancata adozione da parte dello Stato italiano di misure volte a garantire la protezione effettiva del diritto alla salute dei ricorrenti e, più in generale, della popolazione residente nelle aree adiacenti agli impianti dello stabilimento ex Ilva ed ha sentenziato che lo Stato italiano vi ponga rimedio nel più breve tempo possibile.
Purtroppo nei mesi successivi abbiamo assistito sia alla continuazione dei fenomeni di emissioni massicce, anomale e non convogliate provenienti dal siderurgico sia alla riscrittura da parte del Governo italiano di provvedimenti legislativi con cui hanno dapprima eliminato e subito dopo ripristinato l’immunità ai gestori dello stabilimento siderurgico, sino alla scadenza dei termini di attuazione del Piano ambientale, ossia il 23 agosto 2023 ( termine anche prorogabile, come è stato fatto finora).
Noi riteniamo che tale misura e le altre leggi salvailva, che permettono la produzione con impianti pericolosi, non a norma e sotto sequestro penale, siano fortemente lesive dei nostri diritti all’accesso alla giustizia, alla salute e al godimento della vita privata e familiare e vada nella direzione opposta rispetto a quella tracciata dalla Corte dei diritti dell’Uomo .
Confidiamo che questo nuovo ricorso possa restituirci quel diritto alla vita che lo Stato italiano continua a negare ai tarantini