Oltre una quarantina di pecore sono state assalite qualche notte fa da un branco di lupi nelle campagne tra Martina Franca e Villa Castelli, in contrada Trazzonara.
Trentatre ovini sono stati uccisi, cinque pecore si sono smarrite a seguito della incursione dei lupi ed altre otto sono rimaste ferite.
Un danno di non poco conto per l’allevatore Cataldo Elia, titolare di Masseria Varrone. Non è la prima volta che nelle campagne tra la provincia di Taranto e Brindisi si registrano attacchi di lupi in allevamenti di ovini, ma anche di caprini, di cavalli e asini.
Non si fermano, dunque, i danni arrecati dalla fauna selvatica agli allevamenti del territorio. Oltre alla perdita dei capi, gli allevatori sono costretti a sborsare ingenti somme (60 euro circa a capo) per lo smaltimento delle carcasse. Somme che devono essere anticipate, sperando poi nei rimborsi da parte della Regione Puglia e nei contributi per il ristoro dei capi persi.
Insomma oltre al danno la beffa.
La problematica dei danni da selvatici è, ormai, diventata insostenibile; la crescita dell’incidenza dei danni è esponenziale e i problemi e i danni si riscontrano su diversi piani.
Sul piano economico-produttivo per le aziende agricole, rendendo impossibile esercitare l’attività agricola con fenomeni di abbandono; sul piano ecologico-ambientale, a causa di abbandono si verificano conseguenze sulla tenuta dell’asseto idrogeologico dei territori, crescono le alterazioni ecosostenibili e disequilibri tra specie con estinzioni di animali caratteristici dei nostri territori; sul piano civilistico-salutistico, con una protezione non gestita dei selvatici, si stanno diffondendo malattie agli animali da reddito e/o domestici, crescono episodi di incidenti stradali, e anche se sporadiche aggressioni all’uomo.
«L’attuale legislazione europea ed italiana è obsoleta in quanto nata in un contesto temporale in cui risultava prioritario focalizzarsi sulla conservazione della fauna in via di estinzione – dichiara il presidente della CIA Agricoltori Italiani Due Mari Piero De Padova – Oggi la situazione è cambiata: accanto a specie da tutelare ci sono specie che sono diventate in sovrannumero, addirittura infestanti. Nel mese di maggio abbiamo presentato sia al Ministro dell’Agricoltura che a tutti gli Assessori Regionali delle Politiche Agricole un progetto di radicale riforma della legge 157/92. Sono stati individuati dei punti salenti da riformare, il primo è nel principio di fondo della legge, passare da “protezione” a “gestione”, occorre ricercare e mantenere la densità giusta delle singole specie in equilibrio tra loro e compatibilmente con il territorio. Il secondo punto è nel distinguere la gestione della fauna selvatica dall’attività venatoria – continua De Padova – La gestione è intesa come governo di un territorio, l’attività venatoria come attività ludico-ricreativa, la fauna selvatica va gestita tutto l’anno e va programmata con la partecipazione di tutti i portatori d’interesse. Un altro punto è l’autotutela degli agricoltori. Riteniamo che gli agricoltori, sentito il parere dell’ISPRA, sui propri fondi possa agire in autotutela».
«Ribadiamo ancora una volta – dichiara il direttore della CIA Agricoltori Italiani Due Mari Vito Rubino – che il risarcimento del danno agli allevatori deve essere integrale sia dei danni diretti che indiretti, e dovrà comprendere anche il valore genetico nel caso di aggressioni di animali. Abbiamo chiesto al Ministro delle Politiche Agricole di farsi promotore per riformare la Regolamentazione Europea degli aiuti di Stato, in quanto i danni subiti dalla fauna selvatica non devo essere considerati aiuti di Stato, ma risarcimento per danni subito da fauna selvatica patrimonio dello Stato».