Ci aspetta una settimana intensa perché sapremo come va a finire per il governo e intanto dovrebbe essere in arrivo il decreto col quale l’immunità penale per ArcelorMittal dell’exIlva di Taranto, dovrebbe essere andata via.
Verrebbero introdotte delle norme di salvaguardia penale legate ai lavori in corso delle misure ambientali, e quindi di fatto rimarrebbe una immunità penale. Cerchiamo di chiarire la questione.
Nel Consiglio dei Ministri dei primi di agosto, l’immunità è stata riconfigurata.
L’immunità penale era stata introdotta da una legge del 2015, che valeva per l’attuazione del piano ambientale e metteva a riparo i commissari Ilva, i loro delegati e i futuri acquirenti della fabbrica.
Col governo giallo verde l’immunità penale era stata cancellata attraverso il decreto legge Crescita all’inizio di questa estate, e il 6 settembre sarebbe terminata.
Il fatto che l’immunità penale andasse via dal 6 settembre prossimo aveva scatenato le proteste di ArcelorMittal, che aveva detto chiaramente che avrebbe lasciato l’Ilva perché la fabbrica è ingestibile senza le garanzie legali.
Quindi era nato tutto un pressing da parte di Confindustria nazionale, Federmeccanica, sindacati, Confindustria Taranto, che aldilà di singole sfumature, convergeva su un punto: se si sono fatti gli accordi con una azienda che prevedono alcune cose, questi vanno rispettati e non possono essere cambiati in corso d’opera.
Così anche a seguito di incontri che Di Maio ha avuto con ArcelorMittal è nato il nuovo provvedimento, la norma inserita nel decreto legge sulla crisi delle imprese.
Questo prevede che la data del 6 settembre non compaia più, e che l’immunità penale legata all’attuazione del piano ambientale è progressiva, è a scadenza, è legata cioè alla messa a norma dei singoli impianti.
Ad esempio se per mettere a norma un altoforno il cronoprogramma dice che i lavori vanno conclusi entro una certa data, allora fino a quella data l’immunità penale garantisce il management di ArcelorMittal, ed anche i commissari ed i loro delegati.
Quindi vi sarà una immunità a scadenza, che si adatta e segue l’iter del cronoprogramma.
Se ovviamente si sfora il cronoprogramma l’immunità viene meno.
Questa norma è stata approvata i primi di agosto, prima che vi fosse la crisi del governo, ed è stata approvata con tutto il decreto con la formula del “salvo intese”.
Ma la norma non è stata materialmente scritta, è stata enunciata nei principi generali, sono stati indicati gli obiettivi che vuole raggiungere, non è entrata in vigore né tanto meno il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dove sarebbe dovuto andare il 26 agosto, tenuto conto che la Camera e il Senato avrebbero dovuto essere chiusi per ferie, come invece non è stato.
Si temeva quindi a ragione che con la crisi, questa norma, questo decreto naufragasse, mentre invece è di qualche giorno fa la notizia che comunque lo si vuole approvare ed oggi potrebbe essere che vada in gazzetta ufficiale, però è ancora tutto da vedere e verificare.
Una norma “salvo intese” di solito necessita di un ulteriore passaggio in Consiglio dei Ministri perché venga approvata a tutti gli effetti, per poi andare al Presidente della Repubblica che deve firmarla prima che venga pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, a cui non può essere inviato un decreto “salvo intese” che deve essere ancora perfezionato e avere una sua stesura definitiva.
Quindi, vedremo oggi che cosa accadrà e cosa faranno i nostri governanti, per mettere in sicurezza questo decreto che non solo affronta la vicenda Ilva, ma affronta anche altre questioni come quella di Whirlpool e di altre aziende che coinvolgono migliaia e migliaia di lavoratori.
Indubbiamente se non ci fossero queste norme di garanzia la situazione tornerebbe a complicarsi e a quel punto potrebbe tornare in gioco per ArcelorMittal, il lasciare lo stabilimento di Taranto.
Perché se non ci fosse la nuova norma resta in vigore la precedente del decreto Crescita, che appunto prevede la fine dell’immunità penale il fatidico 6 settembre. Questo è un nodo abbastanza complicato che purtroppo non è il solo se consideriamo che poi ci sono tante altre questioni in piedi come il riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) disposto dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e lo spegnimento dell’altoforno 2.
Vito Piepoli