Si è concluso con la sottoscrizione di un verbale di incontro il tavolo convocato d’urgenza dal ministro Di Maio dopo l’ennesimo infortunio mortale nello stabilimento Tarantino. Un verbale infarcito di tanti buoni propositi ma nessun impegno concreto se si eccettuano l’istituzione di una Task Force, incontri settimanali con la RSU e la possibilità di un presidio all’interno dello stabilimento degli organismi ispettivi sulla salute e la sicurezza.
Era più che lecito attendersi, dopo la gravità di quanto accaduto a testimonianza dello stato di grave abbandono degli impianti e delle attrezzature, l’elaborazione di un piano straordinario di manutenzione con risorse aggiuntive a quelle previste dal piano industriale. Così non è, arcelormittal ha esordito denunciando un clima pesante nei suoi confronti, denunciando un complotto ai suoi danni e minacciando per l’ennesima volta l’abbandono dell’investimento se tutti i soggetti interessati non si fossero raccolti intorno alla multinazionale.
Il comunicato dell’amministratore delegato di arcelormittal diramato in piena discussione Italia è uno schiaffo violento al governo e ai sindacati “responsabili”, ovvero Fim Fiom Uilm, nonostante gli stessi avessero sospeso già venerdì sera lo sciopero a oltranza.
La verità è che la multinazionale dell’acciaio ha sospeso di fatto ogni investimento sugli impianti e sta mantenendo solo gli impegni in riferimento all’applicazione dell’Aia.
La verità è che la multinazionale sta testimoniando di non avere nessun particolare interesse industriale sullo stabilimento Tarantino. Ed è per questa ragione che rifiuta categoricamente e in ogni sede di assumere impegni concreti, esigibili.
Un dato su tutti: arcelormittal Italia ha di fatto estromesso dallo stabilimento Il 55% dei manutentori, ovvero di coloro che sono preposti direttamente agli interventi di natura ordinaria e straordinaria sugli impianti e le attrezzature.
Così come mano messo pesantemente il sistema degli appalti interni tagliando posti di lavoro sostituendo imprese e lavoratori, con la conseguenza diretta di rendere più povero e precario il lavoro.
È del tutto evidente che tale scelta sacrifica la sicurezza dei lavoratori sull’altare della riduzione dei costi. Un fatto inaccettabile. In questo quadro la discussione al Ministero Sviluppo Economico è stata pertanto surreale con un’azienda che dichiarava di essere perfettamente in linea con gli impegni assunti e con il governo e Fim Fiom Uilm che inutilmente chiedevano di confermare le promesse di impegni non rispettati.
Il verbale di incontro è pertanto frutto di acrobazie terminologiche che dovevano garantire un’uscita dignitosa dal confronto e il rapporto con i lavoratori tarantini.
Per queste ragioni non abbiamo sottoscritto il verbale di incontro ed abbiamo dichiarato al ministro che non ci sono più le condizioni minime di sicurezza per tenere aperto lo stabilimento.
Occorre pertanto agire quanto prima per costruire un’alternativa reale per Taranto e per i lavoratori dell’ex gruppo Ilva. Un’alternativa occupazionale che garantisca reddito salari il diritto alla salute le bonifiche e la tutela dell’ambiente. Un’alternativa che passa inevitabilmente dalla chiusura dello stabilimento di Taranto.
Per USB la mobilitazione continua. Non abbiamo alcuna intenzione di attendere passivamente l’ennesimo omicidio sul lavoro.
Sergio Bellavita USB nazionale
Francesco Rizzo USB Taranto