Nell’addendum al contratto di vendita a Arcelor Mittal è previsto che l’eventuale accoglimento della sospensiva sul DPCM del 29 settembre 2017, come richiesto nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica promosso dalla prof.ssa Lina Ambrogi Melle , è causa di scioglimento del contratto di vendita.
Il Consiglio di Stato ha rigettato il predetto ricorso ritenendo, tra l’altro, che il prolungamento dei tempi di attuazione dell’AIA al 2023 ( per un impianto sotto sequestro cui la Magistratura tolse la facoltà d’uso nel luglio 2012 perché “ causa malattie e morti”) sia espressione di un “ non irragionevole bilanciamento tra i principi della tutela della salute e dell’occupazione”.
Tutti sappiamo che Arcelor Mittal ha minacciato di chiudere lo stabilimento di Taranto il 6 settembre 2019 nel caso in cui non venisse ripristinata l’immunità totale, come finora in vigore e per questo ci chiediamo, come altri anche in sede governativa, se siamo difronte ad un ricatto.
Il Governo è obbligato a dirci quali misure intende ora adoperare per adempiere alla sentenza della Corte dei diritti dell’Uomo.
Il prof. Avv. Andrea Saccucci che ci ha rappresentato sia a Strasburgo che nel ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ha quindi richiesto al Governo di partecipare al tavolo di confronto dei prossimi giorni assieme ai rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto autorità responsabili per l’esecuzione della sentenza della Corte europea. Infatti i temi che saranno oggetto di discussione nel corso di tale incontro e le eventuali successive determinazioni che saranno assunte all’esito dello stesso sono suscettibili di incidere sulla corretta esecuzione della sentenza della Corte europea
Come noto, con detta sentenza, la Corte di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano in quanto le autorità italiane hanno omesso di adottare le misure necessarie a garantire la protezione effettiva del diritto alla salute dei residenti di Taranto esposti alle emissioni nocive dello stabilimento siderurgico dell’Ilva.
La Corte ha, in particolare, ritenuto che “la gestione da parte delle autorità nazionali della questione ambientale relativa all’attività produttiva della società Ilva di Taranto, è, ad oggi, in stallo” e che la prosecuzione della situazione di inquinamento ambientale mette in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella della popolazione residente nei Comuni a rischio .
La Corte ha, altresì, accertato la violazione del diritto ad un rimedio effettivo (art. 13 CEDU), rilevando che non sussistono mezzi di ricorso interni attraverso i quali i ricorrenti avrebbero potuto lamentare “l’impossibilità di ottenere delle misure volte a garantire la bonifica delle zone coinvolte dalle emissioni nocive della fabbrica”, e ciò anche in ragione dell’ immunità penale e amministrativa accordata ai Commissari dell’Ilva ed ai futuri acquirenti.
La sentenza della Corte europea è divenuta definitiva il 24 giugno 2019. A partire da tale data, il Governo italiano ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 46 § 1 CEDU, di conformarsi alla sentenza della Corte, obbligo che esige altresì l’adozione, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, delle misure di carattere generale necessarie a porre fine alla violazione constatata dalla Corte ed a rimuoverne per quanto possibile le conseguenze .
A tale ultimo riguardo, la Corte ha ritenuto che spetti al Comitato dei Ministri del consiglio europeo, l’individuazione delle misure pratiche che dovranno essere adottate al fine di dare esecuzione alla sentenza , ma ha tuttavia sottolineato come i lavori di bonifica dello stabilimento e del territorio interessato dall’inquinamento “ occupino una posizione primordiale e urgente”, stabilendo che il “ piano ambientale approvato dalle autorità nazionali, e contenente l’indicazione delle misure e delle azioni necessarie ad assicurare la protezione ambientale e sanitaria della popolazione, dovrà essere messo in esecuzione nel più breve tempo possibile”.
Per tutti questi motivi i nostri avvocati dello studio legale internazionale SACCUCCI di Roma, intendono sia interfacciarsi con il Comitato dei ministri con memorie relative a quello che il Governo italiano sta facendo per attuare la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo sia aggiornare il nuovo ricorso già pendente difronte alla Corte.