Questa è una storia che va raccontata perché dimostra quanto è cruda e spietata l’azione esercitata da chi ha potere decisionale nel mondo del lavoro. Decisioni adottate all’insegna dell’ingiustizia sociale che degradano la qualità della vita di una società già troppo vessata. Accade in una città, Taranto, dove vige incontrastato il ricatto occupazionale che negli ultimi decenni ha favorito l’azzerato dei diritti dei lavoratori.
Iginia è una donna forte con gli occhi grandi che nonostante tutto esprimono ancora voglia di vivere e di lottare. Ha 56 anni ed un reddito maturato dopo 35 anni di lavoro nella CGIL dove è stata occupata dal 1985 al 1993 e successivamente, sino a maggio del 2019, in FILLEA CGIL. Un reddito che le ha consentito di portare avanti un nucleo familiare composto dal figlio disoccupato e due disabili: la madre di 80 anni affetta da una grave forma di alzheimer ed il fratello di 58 anni cerebroleso dalla nascita. A marzo del 2019 Iginia fa richiesta per usufruire della legge 104 per assistere il fratello, oltre ad assistere la madre. Nonostante i diritti acquisiti dalla 104 non usufruisce di giorni di permesso o del previsto distacco parentale.
Il 7 maggio di quest’anno il fulmine a ciel sereno per Iginia. La riunione della segreteria della FILLEA CGIL, con a capo il segretario generale Francesco Bardinella, dispone il licenziamento immediato per motivi di criticità finanziaria di Iginia Roberti in forza all’apparato tecnico dal primo aprile del 1993. Iginia quel giorno è sul posto di lavoro e lì le comunicano verbalmente l’avvenuto licenziamento imponendole nell’immediato la restituzione delle chiavi dell’ufficio. L’ufficio nei giorni successivi rimane chiuso e contestualmente viene cambiata la serratura.
“Siamo spiacenti – si legge nella lettera di licenziamento che Iginia riceve il 9 maggio dopo la comunicazione verbale del 7 – di doverle comunicare con la presente il suo licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Tale determinazione è stata adottata in conseguenza della crisi economica che ci ha colpito, tra gli altri, anche il nostro settore di riferimento, con conseguente calo degli iscritti e dei relativi contributi sindacali, ed al cui esito si è reso necessario procedere alla riorganizzazione lavorativa interna ed all’ineludibile contenimento dei costi, con conseguente esubero di personale dipendente. Pertanto ci siamo visti costretti a sopprimere la posizione lavorativa cui lei risultava addetta, non essendo peraltro possibile individuare altra mansione, anche di natura inferiore, cui adibirla all’interno della nostra organizzazione e ciò anche in ragione della limitatezza della nostra struttura territoriale. Il licenziamento ha peraltro effetto immediato, dispensandola dal preavviso che le verrà regolarmente retribuito così come previsto dal Regolamento CGIL. La invitiamo, inoltre, a riconsegnarci entro le prossime 24 ore tutte le chiavi in suo possesso”.
Rimane invano il tentativo di Igina di cercare un confronto e una spiegazione dal segretario Bardinella. Tentativi di dialogo che poi si estendono anche ai referenti regionali e nazionali perché Iginia non dimentica lo slogan del sindacato presso il quale ha lavorato per 35 anni: “Non ti lasciamo solo”. Iginia contatta e scrive una lettera a Peluso della CGIL Taranto, Penna FILLEA CGIL Bari, Gismundo CGIL Regionale, Genovesi FILLEA CGIL nazionale ed infine Maurizio Landini. Ma per Igina le cose sono andate diversamente. E’ stata lasciata sola dopo 35 anni di lavoro dal sindacato più grande d’Italia che nasceva come associazione dei lavoratori per la tutela dei loro diritti sul posto di lavoro e nella società. Oggi Iginia cerca giustizia ed inizia a raccontare la sua storia affinché non rimanga sola in una società dura e imbarbarita e in un mondo del lavoro dove spesso, purtroppo, un sindacato trasforma i diritti dei lavoratori in strumenti di vessazione nei confronti del lavoratori.
Luciano Manna – VeraLeaks