Numeri, cicli, condizioni di mercato, lettere comunitarie, si legge tanto nei comunicati di ArcelorMittal, ma ancora non si capisce che quella non è una fabbrica come tutte le altre, che qui non possono valere prioritariamente le regole dell’economia, Taranto non è un insediamento produttivo qualunque e dei miliardi di investimenti, che periodicamente vengono riproposti nelle note stampa, noi non vediamo ancora beneficio, visto che basta qualche mese di congiuntura negativa per far assorbire il colpo dai lavoratori e le loro famiglie, già provate da anni difficilissimi.
Qualcosa ancora non sta funzionando lì dentro se, a sentire le organizzazioni sindacali, nei frequenti incontri con il management la notizia di questa misura temporanea di cassa integrazione, e speriamo sia davvero così, non era stata annunciata, nemmeno prevista.
I cicli dell’acciaio per loro natura, con una certa approssimazione ovviamente, sono prevedibili da un colosso mondiale del genere, un operatore che sta prospettando una idea di sviluppo a Taranto che ancora non viene percepita e questo ragionamento sarebbe estendibile alle sorti dell’indotto tarantino.
Oggi discutiamo del loro core business, delle quote di mercato, delle tonnellate da esportare, se questo approccio permane non so cosa aspettarmi su temi più delicati, come l’ambiente e la salute. Io che un gigante del genere non sappia prevedere una fase negativa e non sappia fare autonomamente fronte a una situazione limitata nel tempo non ci posso credere, voglio e devo avere ancora fiducia nell’investitore ma deve dare segnali importanti ai cittadini e ai lavoratori.
Sarebbe una notizia, quella di oggi, quasi normale in un contesto normale. Ma Taranto non è quel contesto normale. A Taranto non si può usare solo la calcolatrice, non fino al raggiungimento di quell’equilibrio e di quella soddisfazione per i quali le Istituzioni e i cittadini hanno lottato negli ultimi anni.
Rinaldo Melucci