Apprendere di essere l’ennesima merce in scadenza sul banco dei deperibili di Arcelor Mittal. Apprenderlo dalla stampa come l’annuncio di qualcosa di banale, di ordinaria amministrazione come se non fosse già dolorosa la situazione di tanti di quegli operai in bilico e nella fabbrica sempre nell’occhio del ciclone. Sapere che dopo aver mediato e sudato un accordo tutto torna ad essere così assurdo e inaccettabile.
E’ questa la parola giusta, inaccettabile. Perché quella proposta di cassa integrazione per 1400 lavoratori della fabbrica dell’acciaio ora in mano agli indiani di Arcelor Mittal, è un pugno in pieno viso nei confronti di lavoratori e parti sociali che tanto si erano impegnati per segnare un nuovo corso.
Taranto non è il banco di prova per speculazioni sulla pelle dei dipendenti ex ILVA e sulla città.
La crisi che oggi il colosso indiano scopre è una crisi che viene da lontano e a nulla vale il fiocco di impegni con cui in quel comunicato cercano di imbellettare impegni e propositi circa un futuro piano industriale e ambientale tutti ancora da dimostrare.
La CGIL non ci sta!
Taranto, 5 giugno 2019