Mi chiamo Cataldo Ranieri e oggi sono un ex dipendente Ilva poiché indesiderato sia da Riva che da Mittal. Ho lavorato in Ilva per 21 anni, in luoghi dove gli operai rischiano la vita ogni giorno, su impianti fatiscenti, insicuri e velenosi col solo scopo di portare il pane a casa.
Durante il mio percorso lavorativo, insieme al mio amico e collega Massimo Battista Libero e Pensante come me, abbiamo denunciato con ogni mezzo, sia le condizioni di lavoro, che quelli ambientali. È per questo che prima ancora di diventare indesiderati per Riva o Mittal, lo eravamo anche per tutto il nostro sindacato, anche per quello del quale facevamo parte, perché il nostro operato ostacolava la produzione, sollecitava troppo gli enti competenti, ostacolava i patti di non belligeranza tra azienda, politica e sindacato e soprattutto creava consenso fra i lavoratori.
Le nostre iniziative di lotta rovinano gli equilibri di quel sistema corrotto che abbiamo sempre combattuto, ma nonostante gli ostacoli, non riuscivano a fermarci neanche allora.
Quando nel 2007 speranzosi di giustizia, sollecitammo ad intervenire l’allora segretario nazionale della Fiom fornendo tutti i particolari, il suo intervento fu tempestivo considerata la gravità della documentazione fornita, ma il suo solo impegno fu quello di mettere tutto a tacere.
Maturai che il sistema era radicato anche a livello nazionale e a novembre di quell’anno, ho deciso di dimettermi da ogni carica sindacale, poiché non potevo cambiare quel mondo corrotto, di certo non avevo intenzione di farne parte.
Ho la presunzione di dire che, sia come sindacalista che come lavoratore, ho sempre fatto il mio dovere e pertanto mi sono dichiarato da subito esubero politico.
Poi è arrivato il sequestro degli impianti 2 agosto 2012. Quel giorno io, Massimo e altri colleghi che oggi sono i “liberi e pensanti”, decidemmo di spezzare le catene del ricatto e dell’omertà e trovammo il coraggio di parlare del sistema corrotto dell’Ilva di Taranto proprio durante l’ennesimo corteo farsa organizzato dai sindacati confederali che quel giorno marciavano per il lavoro ad ogni costo, anche al costo di vite umane.
Avremmo voluto intervenire da quel pacco dell’ipocrisia, ma nonostante la nostra richiesta ufficiale consegnata alle tre confederazioni, non ci permisero di parlare.
Per tale ragione pensammo di organizzarci per dire la nostra ugualmente, ci serviva un mezzo economico e fu così che, previa colletta organizzata da chi c’era, noleggiamo l’apecar e lo armammo solo di un generatore, un microfono e un altoparlante.
Col trerruote ci mettemmo in coda al corteo e cominciammo a parlare ai lavoratori e alla gente della nostra idea di futuro diverso. E da 10 che eravamo diventammo centinaia, cittadini e lavoratori.
Arrivammo per ultimi nella piazza gremita di gente e riuscimmo a dire solo poche parole: “oggi parliamo noi, nella busta paga mettete anche il tumore”.
Poi fummo minacciati di essere caricati e decidemmo di lasciare la piazza per evitare scontri, lasciando il sindacato al suo vergognoso silenzio. Lo stato maggiore dei tre sindacati confederali, quel giorno e per i giorni a seguire, non si è mai interessato di quello che avevamo da dire. Si è limitato a chiamarci delinquenti, a voltarci le spalle come sempre.
Tutti noi Liberi e Pensanti, da quel giorno eravamo consapevoli che la vendetta del sistema non si sarebbe fatta attendere, e così è stato.
A febbraio 2013 è cominciata la mia condizione di emarginato; per anni sono stato confinato senza svolgere attività, il tutto con la complicità del sindacato.
Col passare del tempo sono arrivato ad odiare il mio lavoro e dal momento che in fabbrica mi sentivo inutile ho maturato la sofferta decisione di lasciare il siderurgico.
Inoltre vivere ancora di ammortizzatori sociali era diventato straziante, sia economicamente che moralmente. E per me lo sarebbe stato ancora di più sapendo che la mia unica speranza sarebbe stata essere riassunto da Mittal. In questi anni ho atteso veramente un governo capace di risolvere il ricatto salute/lavoro che soffoca questa città e le maestranze, ovvero liberarci dalle fonti inquinanti creando alternative di lavoro.
Non nascondo che mi ero illuso che il MoVimento 5 Stelle potesse essere quel governo, ma è già da tempo che mi sono ricreduto, nessun cambiamento, siete uguali ai governi precedenti.
Ho realizzato inoltre che se aspetto ancora potrebbe essere troppo tardi e quindi, in società con un mio collega e amico Marco Tomasicchio, abbiamo deciso di investire l’incentivo dell’esodo nella nostra città per crearci da noi quella alternativa di lavoro che lo Stato italiano non è capace di mettere in pratica.
Con Marco abbiamo ritenuto più sicuro investire nella nostra città e rischiare il tutto e per tutto e, pur sapendo che qui da noi c’è una profonda crisi, tenteremo di riaprire un locale storico chiuso da molto tempo. Abbiamo già avviato il progetto e spero presto, riapriremo l’ex bar pasticceria “Principe” di via De Cesare trasformandolo in una gastronomia artigianale nella quale valorizzeremo i prodotti locali.
Abbiamo trovato anche un nome appropriato: lo chiameremo “A CASA VOSTRA” perché sono anni che sentiamo dire che “se chiude l’Ilva veniamo a mangiare a casa vostra” e quindi vi aspettiamo.
Per concludere… l’Apecar da quel 2 agosto 2012 è il nostro simbolo e non si è mai fermato. Questo concerto libero e pensante ha tutti i valori e gli ideali che quel piccolo mezzo trasporta da allora. Qui non si devono ringraziare partiti o sindacati per i finanziamenti che cuciono le bocche, qui si finanzia tutto dal basso. Oltre gli Artisti, i che ci sostiene, voglio ringraziare in particolar modo i mie fratelli che da giorni stanno lavorando per dare a questo territorio una delle poche occasioni di riscatto.
Grazie ragazzi, grazie liberi e pensanti. Taranto libera.