Ci può essere una interconnessione tra diritti, immigrazione e accoglienza? Secondo Armando Spataro, ex procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Milano e Torino, coordinatore del gruppo specializzato nel settore dell’antiterrorismo, sì purchè “l’argomento immigrazione venga trattato: dalla politica con ragione, freddezza e senza frasi ad effetto, muovendosi e promuovendo leggi in armonia con quelli che sono i diritti fondamentali contenuti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, anche a costo di perdere consensi elettorali; dai giuristi ai quali va chiesto di spiegare, con i termini più semplici possibili, anche i problemi tecnici; dai cittadini che devono comprendere che quello dell’immigrazione non è un tema marginale; dal mondo dell’informazione attraverso analisi approfondite”.
In un’ora, o poco più, di lectio magistralis, il magistrato tarantino, ospite del consigliere regionale Gianni Liviano nell’ambito dell’iniziativa “Quando la politica è bella”, percorso di formazione alla politica su “Le comunità”, organizzato dall’associazione “Le città che vogliamo” che, per l’evento di lunedì, si avvalso della collaborazione dell’Università degli studi di Bari nelle persone di Ivan Ingravallo, professore di Diritto internazionale, e Pamela Martino, coordinatrice dei corsi di laurea giuridici del Dipartimento jonico, ha parlato di sicurezza, immigrazione, accoglienza. Temi di strettissima attualità “e che si innestano in un momento complicato in cui si fa fatica a costruire relazioni, ad essere comunità”, ha sottolineato in apertura di serata Gianni Liviano prendendo spunto anche dai recenti fatti di cronaca che hanno visto a Manduria una baby gang vessare, torturare un pensionato. “Va recuperato – ha aggiunto Liviano – quel senso di comunità che è andato smarrito sotto tutti i punti di vista. Per questo, nell’ambito del nostro percorso di formazione alla politica bella, quella capace di costruire ponti e non muri, abbiamo pensato di discutere di migranti che, per qualcuno, sono nemici giurati, per altri, ed io mi iscrivo a questo partito, persone appartenenti alla famiglia umana”.
Sicurezza, accoglienza, diritti e… solidarietà che se per Stefano Rodotà, ha chiosato il giudice Spataro, “non è un sentimento ma un diritto, per me è anche un dovere civile”. E allora si torna al punto di partenza: come è possibile conciliare questi aspetti tra loro. La risposta è semplice ed è sotto gli occhi di tutti se solo si vuole scorgerla. E Spataro l’ha scorta da tempo e ne indica la strada che è poi quella dell’applicazione “dei princìpi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. In particolare quelli contenuti “negli articoli 13 (diritto alla libertà di movimento), 14 (diritto in altri Paesi di asilo dalle persecuzioni), 15 (diritto ad una cittadinanza) ai quali si ricollega la nostra Costituzione con gli articoli 10 e 13”.
Il vero problema, a quanto raccontano eventi e decisioni recenti, è che si è innestato un vero e proprio corto circuito che impedisce di distinguere tra chi fra propaganda politica e la politica che i problemi ha il dovere di risolverli. Per cui, ha sottolineato ancora Spataro, “si perdono di vista le convenzioni internazionali che impongono l’accoglienza e che vietano la chiusura dei porti. Allora, non si può dire chiudo i porti perchè arriverebbero troppi migranti perchè procedure specifiche impongono, all’arrivo di una nave carica di migranti, controlli medici a bordo, sbarco e contestuali controlli tra chi chiede asilo politico e chi no e tra questi chi può essere rispedito nel Paese di origine perchè ritenuto sicuro, successivo controllo di chi ha il diritto alla cittadinanza”.
E quello tra i Paesi di origine ritenuti sicuri e quelli in cui ci sono guerre in corso “è un confine davvero labile se si pensa a quanto sta accadendo in Libia, Paese fino a poco tempo fa ritenuto sicuro dal ministro dell’Interno, Salvini”.
Insomma, ha poi detto Spataro, l’emergenza immigrazione va posta “in termini del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e l’assunto non si può escludere che non può e non deve diventare un concetto giuridico. La propaganda politica non può sostituirsi a leggi e normative vigenti. Per questo – ha poi concluso – dobbiamo dire no alla distruzione delle anime perchè la xenofobia divide anche i disperati”.
Infine, sulla legge sulla legittima difesa Spataro ha precisato che “non si può pensare, attraverso la norma, di estromettere il ruolo investigativo della magistratura per cui dovrà sempre esserci il dovere di indagare”.
In conclusione di serata, i professori Martino e Ingravallo hanno consegnato al giudice Spataro il sigillo di bronzo dell’Università degli studi di Bari.