“Per il Global Strike For Future di venerdì 15 marzo, da Taranto lanciamo l’appello a porre al centro del dibattito la riduzione delle emissioni di CO2 e inquinanti dell’industria metallurgica, una della maggiori fonti di gas climalteranti – dichiara Lunetta Franco, Presidente di Legambiente Taranto – le sole acciaierie producono circa il 5% della CO2 totale. Valori che dipendono sia dalla grande quantità di calore necessaria per i processi di fusione, sia dall’utilizzo del carbon coke che, ad alte temperature, si combina con l’ossigeno del minerale di ferro, producendo CO2. Per ogni tonnellata di ferro prodotto si emette una tonnellata e mezzo di CO2: nel mondo sono circa 2 miliardi le tonnellate di CO2 prodotte ogni anno dalle acciaierie.”
Le alternative al carbon coke ci sono, la più innovativa è costituita dalla possibilità di utilizzare l’idrogeno, ricavato per elettrolisi dell’acqua grazie all’energia prodotta da fonti rinnovabili. Inoltre, da quarant’anni, esistono impianti che producono acciaio senza utilizzare carbone, ma attraverso l’uso del metano per produrre ferro preridotto, ubicati soprattutto in paesi dove il metano ha costi ridotti. L’uso di metano consente di eliminare le emissioni inquinanti provenienti da depositi di carbone e cokerie e riduce del 66% le emissioni di CO2 dagli altoforni.
In Europa, però, il metano ha un costo elevato.
“Per rendere più sostenibile la produzione di acciaio è perciò necessario che l’Unione Europea introduca sia una carbon tax europea, da applicare anche all’acciaio importato, sia incentivi stabili all’adozione di tecnologie produttive alternative all’uso del carbone. – aggiunge la Presidente di Legambiente Taranto – Oggi la sfida del clima è la più ampia, globale e importante che abbiamo davanti. Per questo è necessario accelerare il passo per rispettare gli impegni presi, a partire dall’Accordo di Parigi, e mettere in campo politiche adeguate allo scenario che il cambiamento climatico ci impone”.
Il Rapporto speciale dell’IPCC sull’aumento di 1,5 °C rispetto alla temperatura media terrestre dell’era preindustriale ha dimostrato che un’azione climatica inadeguata avrà effetti catastrofici sulle attuali e future generazioni, con danni irreversibili sugli ecosistemi e sulla vita delle persone.
Legambiente ricorda che sono 453 i fenomeni meteorologici che dal 2010 ad oggi hanno provocato danni nel territorio italiano (277 i comuni dove si sono registrati eventi con impatti considerevoli) e ancora più rilevante è il tributo che continuiamo a pagare in termini vite umane e di feriti, oltre 189 le persone vittime del maltempo (sempre dal 2010 ad oggi), con già 4 morti nei primi mesi del 2019. A questo si aggiunge l’evacuazione di oltre 45mila persone a causa di eventi quali frane e alluvioni negli ultimi 18 anni.
Senza dimenticare che il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1800 ad oggi per l’Italia, con un’anomalia di +1,58 °C sopra la media. A livello globale, solo nel 2018, secondo il rapporto di Munich Re, si sono contati 850 disastri naturali soprattutto alluvioni, inondazioni, frane (46%) e uragani e tempeste (42%) con un costo stimato in 160 miliardi di dollari.
La mobilitazione per lo sciopero mondiale di venerdì rappresenta una grande occasione per contribuire alla nascita di un movimento ampio e trasversale per il clima. Legambiente, dagli anni ’80 in prima linea per combattere i cambiamenti climatici, sarà al fianco di studenti e cittadini per il Global Strike For Future contro le mancate politiche per fermare la febbre del Pianeta. Una grande mobilitazione che fa seguito ai #fridaysforfuture, nati dalla protesta della sedicenne Greta Thunberg a Stoccolma in occasione della scorsa COP24, che ha riscosso ampia adesione in Italia e nel mondo. Il nostro paese su questo fronte ha accumulato gravissimi ritardi a causa di politiche governative, passate e attuali, ancora centrate sulle fonti fossili, come dimostrano i 16 miliardi di euro all’anno di sussidi diretti e indiretti garantiti ancora oggi alle società petrolifere. Aspettiamo dal Governo un segnale concreto per fermare questo incomprensibile regalo alla filiera del petrolio a danno delle tecnologie pulite e delle fonti rinnovabili che ridurrebbero le emissioni di gas serra.